CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Credente e abortista. La pilatesca neutralità di “Avvenire”

31 Agosto 2020

giornale

Un quotidiano ha il diritto e il dovere di dare spazio alle diverse opinioni ma non può cadere nella trappola della neutralità quando sono in gioco valori decisivi come l’aborto. Si rischia così di alimentare la confusione e il disimpegno già ampiamente presente nella comunità ecclesiale. Non mi pare un buon servizio alla verità.

Vi sono quelli che s’indignano, io provo solo una grande amarezza e una sconfinata tristezza. Avvenire non ha certo il compito di definire la verità della fede cattolica ma è pur sempre il quotidiano della Chiesa italiana, ha dunque l’onore e l’onere di offrire una lettura degli eventi ispirata al Vangelo e conforme alla dottrina. Così facendo, diventa voce del mondo cattolico e partecipa al più ampio confronto culturale che appartiene di diritto alla società. 

Nelle ultime settimane il tema dell’aborto è tornato ad essere terreno di scontro, complice il via libera all’aborto farmacologico deciso dal ministro della Salute. Fedele alla sua storia, Avvenire ha osteggiato questa decisione con la consueta determinazione. Marco Tarquinio, il direttore, ha recentemente ribadito che, quale che sia la procedura abortiva, “porta sempre e comunque alla soppressione di una vita inerme e innocente”. E tuttavia, ha ospitato l’intervento di un ginecologo (Giovanni Fattorini) che pudicamente si presenta come un credente “non obiettore”. In pratica un abortista, cioè uno che partecipa attivamente a quello che Tarquinio ha giustamente definito “soppressione di una vita inerme e innocente”. Vale la pena ricordare che nella lingua italiana sopprimere la vita significa uccidere qualcuno. In questo caso, si tratta di un bambino. 

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Un quotidiano ha il diritto e il dovere di dare spazio alle diverse opinioni ma non può cadere nella trappola della neutralità quando sono in gioco valori decisivi. Come in questo caso. La logica vuole che le opinioni di Fattorini – che difende a spada tratta tanto l’aborto chirurgico quanto quello farmacologico – vengano apertamente giudicate contrarie alla ragione, oltre che radicalmente difformi dal magistero della Chiesa, al quale ogni credente dovrebbe dare fiducia e obbedienza. E invece, Tarquinio, mettendo a confronto le affermazioni di Fattorini con quelle di Angelo Francesco Filardo, anche lui ginecologo ma da sempre schierato con i pro life, si limita a dire che “sono due ginecologi, due persone oneste, due credenti che hanno due visioni per molti versi opposte”. Come si possa giudicare onesta una persona che riconosce il diritto ad uccidere un bambino, è cosa assai difficile da comprendere. 

Ancora più difficile è ribadire, come fa Tarquinio, che si tratta di un credente, come se l’aborto fosse una delle tante questioni opinabili sulle quali ciascuno esprime la sua opinione. Non è così. Il Catechismo della Chiesa Cattolica non lascia spazio ad alcuna creatività anzi denuncia con parole severe ogni forma di collaborazione abortiva: “La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana” (n. 2272). Non spetta certo ad Avvenire dare o togliere la patente di cattolico. Ma tutti hanno il dovere di ricordare che la professione di fede comporta precisi doveri, uno di questi è quello di aderire toto corde alla dottrina della Chiesa che sull’aborto non è mai cambiata né mai potrà cambiare. 

L’aborto non è una zona franca in cui ciascuno può dire e fare quello che vuole. È zona rossa in cui si attua una precisa strategia di morte. Presentare l’intervento di Fattorini, che ben riassume la posizione di tanti altri cattolici, come un contributo civile al dibattito che offre “profondità di motivazioni e ulteriori elementi di valutazione per capire le tante implicazioni dell’aborto” (parole di Tarquinio) mi sembra francamente un errore grande come una casa. Anzi, a dirla tutta, questa posizione pilatesca alimenta la confusione e conferma il disimpegno già ampiamente presente nella comunità ecclesiale. Non mi pare un buon servizio alla verità. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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6 risposte su “Credente e abortista. La pilatesca neutralità di “Avvenire””

Si tratta dei “cattolici adulti” che pian piano hanno assorbito la logica “del mondo”, avvallando cervellotiche discussioni. “Filtrano il moscerino e ingoiano il cammello” come ha detto il Signore.

Io da tempo non leggo piu’ Avvenire, ridotto a brutta copia de l’Unita’ e de “La Repubblica”. E tuttavia dispiace assai che anche tanti Vescovi non intervengano e non facciano sentire la loro voce (contraria)… Paura, mitezza incolore, perdita di fede o cattolicesimo fluido? Noi dobbiamo pregare perche’ il Signore non ci faccia perdere la fede e ci aiuti sempre a distinguere il bene dal male. Senza false (e mortali) indulgenze.

Diretto, conciso e soprattutto chiaro! Grazie, Don Silvio! Tutto ormai sembra impreganto di relativismo, ma almeno noi cattolici rimaniamo ben saldi alle verità non opinabili perché “semplicemente” dettate dalla Parola di Dio, che non si cambia.

La linea di Avvenire, per il sottoscritto che lo legge tutti i giorni, soprattutto negli editoriali, è molto chiara e “cattolica”, altro che brutta copia de “l’Unità” e “La Repubblica”, su ogni versante lo trovo aderente alla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica (forse bisognerebbe studiarla di più). Dispiace che non si apprezzi (e si abbia paura) che si ospitino, in un quotidiano aperto al dialogo e al dibattito, posizioni diverse, espresse da cattolici. Per capire, conoscere, informarsi e, per me, essere ancora più convinto della posizione fedele al Magistero della Chiesa, che ripeto, è evidente nella linea del giornale. Dispiace che ci sia fuoco amico sul quotidiano dei cattolici, e questo fuoco non mi pare che faccia spesso altro che creare la stessa confusione di cui si accusa ingiustamente il quotidiano …

Non e’ fuoco amico, caro Don Mario, ma e’ evidenza oggettiva di come alcuni articoli creino confusione o siano pure erronei. L’aborto e’ omicidio e basta. Pur con tutta la misericordia per il peccatore, il peccato e’ gravissimo, e a mio avviso (forse erro…ma non credo) e’ scandaloso che l’Avvenire non ricordi spesso (in prima pagina) che ogni giorni 300 bambini vengano uccisi solo in Italia grazie a (cioe’ con il sostegno e la legittimazione di) una legge che qualche cattolico ora difende… E poi ci si meraviglia dell’inverno demografico! Se solo si dimezzassero gli aborti legali ogni anni ci sarebbero 50 mila bimbi in piu’… Si puo’ ancora dire o pure questo e’ fuoco amico?? Mi fermo per non fare polemiche…ma a volte certi articoli (li ho letti per anni e prima li apprezzavo) dell’Avvenire ricordano da vicino quelli dei giornali del PD. Senza offesa.

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