
Critica velenosa
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,1-5)
Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». E diceva loro: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato».
Il commento
“Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe” (6,1). Questo episodio e quello successivo (guarigione dell’uomo in giorno di sabato) confermano l’esistenza di una sostanziale differenza tra la proposta di Gesù e la tradizione rabbinica. Il Rabbì di Nazaret non contesta la Parola di Dio ma non condivide la rigida interpretazione data dai rabbini e quella selva di precetti che, nel tentativo di spiegare la norma biblica, appesantisce la vita dei credenti. Il dialogo con i farisei è ambientato nella solenne cornice del Sabato. Il gesto dei discepoli (6,1) è immediatamente sanzionato da un gruppo di scrupolosi farisei che evidentemente hanno ricevuto il compito di seguire e controllare quel giovane Rabbì: “Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?” (6,2). Oggi non voglio entrare nel merito della questione, mi fermo sulla soglia e rifletto su questa domanda. I farisei sono particolarmente diligenti nel denunciare i limiti altrui. Anzi, si ha l’impressione che sono lì proprio per questo, non attendono altro. L’attitudine a sorvegliare gli altri per censurare le loro azioni è assai diffusa, appartiene ad ogni epoca ed è uno sport assai praticato in ogni ambiente sociale e in ogni comunità ecclesiale. La famiglia non è esente, anzi è lo spazio in cui più facilmente la critica inquina la relazione coniugale e genitoriale.
Ci sembra del tutto normale ricorrere alla critica, specie quando si tratta di stigmatizzare comportamenti sbagliati. Occorre stare attenti. Non sempre la critica nasce da un cuore libero e dal desiderio di bene. Anzi, a volte serve solo ad amplificare i limiti altrui. È una critica velenosa. È facile cadere in questa trappola. Oggi chiediamo la grazia di mettere in atto l’atteggiamento opposto, imparare cioè a riconoscere ed apprezzare le cose belle fatte dagli altri. Invece di sanzionare multe, manifestiamo la gioia per tutto il bene che Dio compie attraverso i fratelli, anche quando non mancano le ombre dell’umana debolezza.
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