Rapporto di coppia

Cari genitori, è tempo di togliere i guantoni. Più abbracci e meno litigi

guantoni

di don Silvio Longobardi

Oggi la sintesi di quella splendida e faticosa avventura che si chiama matrimonio vista attraverso gli occhi di un figlio adulto. Don Silvio: “Caro amico, hai saputo offrire una nitida fotografia del matrimonio, hai lasciato intravedere le difficoltà e le fragilità che accompagnano l’esperienza affettiva, hai avuto il coraggio di accennare anche ai limiti della tua esperienza genitoriale. Insomma hai dipinto un quadro quanto mai realistico”.

Caro amico,

la celebrazione eucaristica che ieri abbiamo vissuto non è stata avvolta da quella retorica sentimentale che in genere accompagna questi eventi, una retorica che tutti sanno essere poco rispondente alla realtà, ma di cui tutti si servono come un mantello per nascondere la verità delle cose. Tutto questo ieri non è avvenuto, in primo luogo perché abbiamo celebrato il Mistero e quindi ci siamo posti nella verità di Dio; in secondo luogo perché tutte le parole umane che sono state pronunciate hanno cercato di comunicare la verità che, sul piano storico, si rivela come un intreccio di luci e di ombre, slanci cadute.

Tutto questo è emerso nell’omelia, bella e semplice, del vostro parroco; è emerso anche nelle parole di tuo padre ma, ancora di più, è apparsa nelle parole che, al termine della celebrazione, hai rivolto ai tuoi genitori. Non erano parole di circostanza né inzuppate di sdolcinati ringraziamenti, come si usa fare in questi casi. La tua è stata una genuina testimonianza di quella splendida e faticosa avventura che si chiama matrimonio. Hai saputo offrire una nitida fotografia del matrimonio, hai lasciato intravedere le difficoltà e le fragilità che accompagnano l’esperienza affettiva, hai avuto il coraggio di accennare anche ai limiti della tua esperienza genitoriale. Insomma hai dipinto un quadro quanto mai realistico. 

Ti ringrazio fraternamente. Inutile dirti che le tue parole, bellissime anche dal punto di vista strettamente letterario, non hanno toccato solo i tasti della superficiale emotività ma anche quelli del cuore e dell’intelligenza. Nelle tue parole emergeva l’ideale nella sua interezza ma appariva anche la nostra costitutiva disabilità che c’impedisce di vivere in pienezza. L’onestà intellettuale ci chiede di riconoscere la distanza tra l’ideale e il reale. Tutto questo non ci fa cadere nella sterile rassegnazione. Neppure al 50°. Il matrimonio resta una sfida da accogliere ogni giorno, fedeli alla promessa nuziale: “Tutti i giorni della mia vita”. Le tue parole offrono una rappresentazione veritiera della vita nuziale dei tuoi genitori ma credo sinceramente che hanno qualcosa da dire a tutti perché sono una buona fonte di riflessioni e aiutano le coppie a rileggere il proprio vissuto nella luce di Dio.

Leggi anche: “Che cosa poteva mancargli se avevamo tutto? Una casa, il lavoro, i figli… cosa voleva di più?”

Auguro anche a te di camminare, mano nella mano con la tua sposa, senza smarrire la bellezza dell’amore, malgrado la fatica che ogni giorno fa capolino. E che i vostri figli, una volta cresciuti e giunti alla maggiore età, possano comprendere e benedire Dio per quanto hanno ricevuto da voi. E se pure hanno qualcosa da rimproverarvi – i figli ne hanno sempre e con qualche ragione – che sappiano usare il registro della benevolenza, sapendo che i genitori possono fare tanti errori ma non smettono di amare i loro figli e, proprio per questo, non verranno meno alle proprie responsabilità educative. Ti rinnovo la mia stima e la mia fiducia e chiedo al buon Dio di accompagnare i vostri passi. 

don Silvio 

Cari mamma e papà, 

eccovi qui, giunti ad un traguardo importante, non il primo certo; non l’ultimo… speriamo ma sicuramente quello che per rotondità dei numeri risalta tantissimo e si imprime nell’immaginario di tutti, vicini e lontani. Eh sì, 50 anni di matrimonio non sono una bazzecola, soprattutto di questi tempi e potete andarne fieri. 

Avete fatto un viaggio lunghissimo. Un viaggio che vi ha visti partire con entusiasmo frammisto ad inconsapevolezza: vi siete sposati che neanche vi conoscevate, e forse proprio per questo siete ancora qui. Scherzo, ma non troppo… In fondo se oggi si dice che la vera assurdità è pretendere di stare con la stessa persona tutta la vita, mi rendo conto che per fare questo salto nel vuoto non si può pretendere di conoscere troppo e capire ancor di più, perché nell’amore, in fondo, non c’è niente da capire, come cantava un grande cantautore diversi lustri fa. 

Siete partiti con un bagaglio a mano neanche troppo pieno: eravate giovani, ma già avevate entrambi un passato pesante da scrollarvi da dosso così pesante che vi avrebbe accompagnato per gran parte della vostra vita, fino ad arrivare, molto meno ingombrante di ieri, a festeggiare anch’esso con voi, i 50 anni di matrimonio …o di martrimonio come non troppo scherzosamente potrebbe dire qualcuno. Eh sì, perché il matrimonio se può diventare un martirio fin dai primi giorni, lo diventa senz’altro dopo lunghi anni, non perché l’amore scemi col tempo, come potrebbe imprudentemente sibilare qualcuno, l’Amore non c’entra un bel niente col tempo, invero, si comprende più o meno coscientemente che l’amore con la A maiuscola può solo crescere e non certo diminuire. È il tempo che ci fa capire che l’amore con i violini ed i flauti, con i batticuori e le mani sudate, con gli intontimenti e le ubriacature ha poco a che fare con la realtà (quello è solo il fomite dell’amore, la miccia, e si chiama innamoramento, dura un tempo limitato, molto limitato, ma serve, come la miccia serve per far esplodere la bomba). 

L’amore, invece, quando lo scrivi con la A maiuscola vedi che si trasforma magicamente in AMORS / A-MORS che per chi mastica un po’ di latino significa non morte; dunque l’amore è una “non morte”. Non voglio giocare con le parole, ma non c’è dubbio che morte e amore sono due facce della stessa medaglia: “Forte come la morte è l’amore”, recita il Cantico dei Cantici (Ct 2, 8-10.14.16a; 8, 6- 7a). Così, col tempo, si impara a declinare il verbo amare con il verbo soffrire e quest’ultimo col verbo offrire. Se si è bravi, questi passaggi avvengono con dolore, ma anche con crescita interiore: l’altro ci offre una via privilegiata per la santificazione e come tale impariamo a vederlo sempre di più e sempre meglio. 

È per questo che l’Amore di cui vi parlo non potrebbe mai rimanere un affare privato di due comuni mortali; è per questo che ogni matrimonio cristiano che riesce a durare fino alla fine è una storia unica ed irripetibile di conversione continua ed incessante, dove il direttore d’orchestra è di quelli bravi: ci insegna a suonare insieme ed a fondere (senza confondere) ognuno la propria musica nella musica dell’altro. Solo così si crea l’armonia e non il rumore. Sotto questo profilo avete faticato non poco, avendo entrambi il talento del solista; ma col tempo avete imparato e ancora state imparando… 

Certo, l’altro diventa sovente anche pietra d’inciampo e non raramente ognuno di voi lo è diventato per l’altro. Se volessimo attardarci a fare l’elenco delle prove, delle difficoltà, delle incomprensioni, delle parole non dette che si dovevano pronunciare o viceversa di quelle dette, che sarebbe stato bene non dire, non basterebbe lo spazio di queste due facciate per completarlo. Ma è vero pure che gli anni insieme e le sue menzionate difficoltà (in uno al vostro santo protettore … san Francesco di Sales si santificò proprio trasformando il suo carattere irruento in serafico, divenendo il santo della carità per eccellenza) vi hanno donato la pazienza e con la pazienza avete potuto cogliere i frutti della benevolenza, della misericordia e della carità per l’altro, che sono a mio avviso le sfaccettature più belle dell’amore, specie coniugale. 

Se oggi state qui a rendere lode a Dio con la corona dei vostri cari potete con orgoglio affermare che ce l’avete fatta! Poco importa che avreste potuto arrivare al traguardo meno malconci e con più entusiasmo: avete combattuto la battaglia della vita con fierezza, perché di battaglia si è trattato e perché la vostra storia vi ha portato ad indossare i guantoni e a non abbassare mai la guardia, nemmeno per un caffè romantico al bar, seppur di domenica seduti al tavolino. Queste “leggerezze”, che non sono un male assoluto, anzi, le avete lasciate ad altri. Siete stati piuttosto dei titani, che hanno voluto dare questa chiave di lettura alla vita: pugni, pugni e ancora pugni. Ovvio che molte volte questi pugni un po’ per sbaglio, un po’ perché questo era il registro, ve li siete dati anche tra voi (metaforicamente s’intende). 

Oggi che sono padre e sperimento tutti i limiti della mia condizione di genitore, oltre ad avere maggiore coscienza di tutto quello che ci avete dato, comprendo meglio anche che quello che, invece, non avete fatto per noi, o quello che avete fatto sbagliando, è stato solo una mera conseguenza dei vostri limiti umani. Ho imparato ad accettarlo, come spero che i miei figli faranno con me. Ma ci avete amati con tutto il bene di cui siete stati capaci e ci siete stati sempre e ci siete ancora per ognuno di noi: questo conta più di tutti gli errori che avete potuto commettere. 

Come conta il fatto che oggi più di ieri vi inginocchiate prima di noi, più di noi e insieme a noi innanzi all’unico Padre della vita, all’unico Maestro che salva, i cui precetti sono sempre veri. Vedervi pregare e affidare tutte le cure della vita a Chi solo le può sanare, mi fa trovare la pace per me e per voi. Qualunque cosa succeda oggi so che se rimaniamo in Lui e Lui in noi niente ci potrà allontanare e nessun dolore e nessuna pena sarà per sempre. Oggi che siete al crepuscolo della vostra vita, agli ultimi round, vi invito ad abbassare i guantoni e ad abbracciarvi più spesso, proprio come fanno i pugili dopo un duro combattimento: il match è finito e avete vinto entrambi! 

Vostro figlio.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.