
La palude delle opinioni
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 7,31-35)
In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
Il commento
“A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione?” (7,31). Dobbiamo leggere questo brano sullo sfondo di quelli precedenti. L’insegnamento di Gesù s’intreccia con i gesti miracoli della carità: la guarigione del servo del centurione (7, 1-10) e la resurrezione del figlio della vedova (7, 11-17) sono due eventi eclatanti ed hanno certamente avuto una grande eco nei villaggi della Galilea. Tutto questo però non sembra scalfire la diffidenza e le perplessità di tanti, forse della maggior parte della gente. Nei vangeli leggiamo spesso che Gesù è circondato da una folla numerosa ma non dobbiamo pensare che sia la maggioranza della popolazione. Dopo i due ultimi miracoli, l’evangelista ha inserito i dubbi e le domande di Giovanni Battista che, dal carcere, manda i suoi discepoli per chiedere: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (7,19). Una domanda che lascia aperta la porta ma non la spalanca, come forse sarebbe auspicabile. Gesù vive il suo ministero in questa cornice. La gente lo osserva e tutti si credono in diritto di formulare il proprio giudizio, senza sporcarsi le mani e senza prendere posizione.
In questo contesto comprendiamo le parole non prive di amarezza: “Questa generazione […] è simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri…” (7, 31-32). Queste parole non si riferiscono solo ai farisei, accusati di non aver accolto la predicazione del Battista e di avere perciò chiuse le porte alla verità di Dio (7,30). Gesù chiama in causa tutti e chiede a ciascuno di prendere posizione. L’immagine del bambino, che altrove viene presentato come modello della fede (Lc 18,17), qui serve a sottolineare la sostanziale immaturità e la tendenza ad agire in base agli umori o ai capricci. Chi assume questo stile resta nella palude dei sentimenti e delle opinioni e non giunge mai a formulare quei giudizi che danno alla vita un chiaro orientamento. Questa parola oggi risuona per noi come un rimprovero, un invito a compiere scelte più chiare, in nome della fede. È una grazia da chiedere.
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