RU486

RU486: un essere umano vale davvero così poco da essere ucciso e scaricato nel water come un qualsiasi rifiuto?

dolore

di Chiara Chiessi, Universitari per la Vita

Non ci è bastata una pandemia con i numerosi morti e le moltissime famiglie in lutto. Invece di aiutare i giovani, i disoccupati, gli anziani, che in questo periodo hanno sofferto più di tutti, la priorità del Ministero della Salute è quella di agevolare l'assunzione della RU486. Come Universitari per la Vita non possiamo che esprimere tutto il nostro sdegno.

In piena estate e in un momento in cui l’attenzione di tutti è concentrata su ben altre cose, il Ministero della Salute ha pubblicato delle nuove linee guida sull’aborto farmacologico, che annullano l’obbligo di ricovero dall’assunzione della pillola Ru486 fino alla fine del “percorso assistenziale”, ed allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza.

Quanto successo in Inghilterra ed in altri paesi in Europa, con le pillole abortive spedite direttamente per posta, sta accadendo anche da noi. E non ci rendiamo proprio conto delle tremende conseguenze che ci saranno, non solo per la morte di tanti esseri umani innocenti, ma anche per le ripercussioni psicologiche e traumatiche che tutto questo avrà sulle donne.

Per avere un’idea, invito a vedere, non appena sarà doppiato in italiano, il film Unplanned, autobiografia dell’attivista pro life americana Abby Johnson, la quale, da manager di una clinica Planned Parenthood, dopo aver abortito ed aver visto il proprio bambino ucciso dalla pillola RU486 che aveva ingerito, dopo aver assistito ad un aborto in diretta, è diventata una delle voci mondiali più potenti contro l’aborto.

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Nel film è ben visibile la sua estrema sofferenza fisica, ma soprattutto lo shock di vedere morire il proprio bambino davanti ai suoi occhi. Nel libro che narra la sua autobiografia, scrive che dopo aver ingerito le pillole abortive, poco più tardi, si è sentita male:

“Ricordo di aver chiuso gli occhi e di aver appoggiato la testa all’indietro. Mi sentivo esausta. I crampi continuavano ad arrivare, ma l’acqua [stava nella vasca da bagno] aiutava a calmarli un po’. Ho aperto gli occhi dopo 15 minuti e sono inorridita. L’acqua del mio bagno era di un rosso brillante. Sembrava che fossi seduta nel bel mezzo di una scena del crimine. Ed era proprio così… Avevo ucciso mio figlio. Sapevo che dovevo alzarmi e lavarmi via il sangue. Mi sono alzata lentamente e ho raddrizzato il corpo. Un dolore lancinante, forti emorragie… Appena mi sono rimessa completamente in piedi, ho sentito un dolore peggiore di qualsiasi altro che avevo provato. Ho ricominciato a sudare e mi sono sentita svenire. Mi aggrappai al lato della parete della doccia per stabilizzarmi. Poi ho sentito un rilascio… ed uno schizzo nell’acqua che si stava scaricando sotto di me. Un coagulo di sangue grande come un limone era caduto nell’acqua del mio bagno. Era il mio bambino?”.

Ed ancora: “Quella notte in cui abortii, sdraiata sul freddo pavimento del bagno, non ero mai stata così spaventata. E se fossi morta lì da sola? Chi mi avrebbe trovato? I miei genitori avrebbero scoperto che la loro figlia era morta perché aveva abortito? Quella paura era reale”.

Tutti i sostenitori della RU486 e dell’aborto, le femministe, la classe politica d’accordo con queste nuove linee guida, dopo aver letto questa testimonianza coraggiosa (una tra le tante perché ce ne sono molte altre), come possono avere ancora il coraggio di sostenere la pillola abortiva, tra l’altro di estrema pericolosità, visto che ha provocato la morte di almeno 24 donne in 8 anni, il ricovero urgente di 1000 donne e 4000 eventi avversi?

Mons. Crepaldi, Vescovo di Trieste, alla notizia delle nuove linee guida della RU486, così ha commentato: “Il tutto è stato presentato come una conquista di civiltà. Su questo punto è bene essere chiari. Non c’è nessun progresso umano e civile quando con l’aborto si favorisce l’uccisione di un individuo della specie umana nel grembo che lo accoglie, invece di prodigarsi per la difesa dell’essere più indifeso che ci sia. Non c’è nessun progresso umano e civile quando l’interruzione della gravidanza è talmente banalizzata da essere equiparata a un semplice intervento farmacologico. Non c’è nessun progresso umano e civile quando, soprattutto con le nuove disposizioni, la donna viene abbandonata a se stessa in una solitudine sanitaria, psicologica e morale di fronte alla scelta esistenziale, tragica e pericolosa, dell’interruzione della gravidanza. Non c’è nessun progresso umano e civile quando si percorre la strada dell’aborto al posto di quella dell’aiuto alla maternità, in una situazione di preoccupante contrazione demografica che rende incerto il futuro del nostro Paese”. 

Poi il Vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni D’Ercole: “Non ho mai visto pace nel cuore di donne che hanno abortito. Solo chi come noi sacerdoti ascolta e confessa conosce questo dramma per cui tante mamme non riescono a trovar ragione. Altro che conquista di civiltà! Di fronte al crollo delle nascite, che ci ha reso Paese di vecchi, chi governa propone l’aborto, nulla facendo per incoraggiare seriamente le nascite garanzia di futuro; pensa così di fare bene alle donne mentre irresponsabilmente prepara un futuro di morte per l’Italia”.

Non ci è bastata una pandemia con i numerosi morti e le moltissime famiglie in lutto. No, non ci è bastata. Si vuole, nonostante tutto, incentivare la morte. Invece di aiutare le famiglie, i giovani, i disoccupati, gli anziani, che in questo periodo hanno sofferto più di tutti, la priorità del Ministero della Salute è quella di agevolare l’assunzione della RU486 anche con grave pericolo per la salute delle donne.

Come Universitari per la Vita, non possiamo che esprimere il nostro sdegno e disapprovazione di fronte ad un governo a cui non importa il bene del proprio Paese o la salute dei suoi cittadini, ma cura invece solo gli interessi economici. Non possiamo che chiederci se un essere umano vale così poco da essere ucciso di fronte alla madre, espulso e scaricato poi nel water come un rifiuto?

E la vita della donna, sola in casa e vittima dell’indifferenza della società, sdraiata sul pavimento del bagno e ripiena del suo sangue e di quello del suo bambino, vale così poco da lasciare che assista allo smembramento del proprio figlio? La società rifletta. Tutti noi riflettiamo. Non si può stare in silenzio.




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