17 settembre 2020

17 Settembre 2020

Non un prete vero, un prete e basta!

di Giovanna Abbagnara

Como – È la memoria di Maria, Madre Addolorata, il sole ha fatto da pochi minuti capolino nel nuovo giorno quando sotto il porticato dove ogni sera si radunano i senzatetto della città per trascorrere la notte, don Roberto Malgesini, 51 anni, viene accoltellato a morte mentre si reca in chiesa. L’autore del delitto, un uomo di 53 anni di nazionalità tunisina, si costituisce quella mattina stessa presso la caserma dei carabinieri. Era anche lui un senzatetto. Non si sa precisamente, saranno le indagini ad appurarlo, se l’uomo avesse problemi di salute mentale. Chiaramente la notizia ha fatto subito il giro delle agenzie di stampa. Al centro la solita strumentalizzazione politica sugli immigrati.

Chi era don Roberto? Era un prete. Chi è un prete? Un uomo che ha ricevuto attraverso un sacramento un ministero. Quale? Essere come Cristo: parlare, agire, celebrare, amare in persona Christi. Sono diversi i preti gli uni dagli altri? Certo, umanamente ci sono differenze notevoli, nella sostanza il loro unico mestiere è amare Cristo e farlo amare. Nato a Morbegno il 14 agosto 1969 da mamma Ida e papà Bruno, don Roberto aveva tre fratelli: Mario, Caterina ed Enrico. Dopo il diploma da ragioniere, per tre anni ha lavorato alla Banca Popolare di Sondrio, fino a sentire la vocazione al sacerdozio. Nel 1992 dopo l’anno propedeutico a Brescia ha iniziato la formazione al presbiterato culminata con l’ordinazione il 13 giugno 1998. Dopo diverse esperienze in alcune parrocchie della diocesi nel 2008, don Roberto ha potuto avviare la sua esperienza di servizio ai più poveri, agli ultimi della città di Como, stabilendosi accanto alla chiesa di San Rocco.

«Quando ha preso quella decisione di seguire gli ultimi – dice un suo amico, don Alessandro Di Pascale – non ci stupì più di tanto. Don Roberto era sempre stato buono, gentile e tanto umile. Per me un grande amico, soprattutto un grande fratello». Ciò che è interessante notare è che il servizio che svolgeva don Roberto non era assistenzialismo o appassionata filantropia, ma come confida sempre l’amico che lo conosceva bene: «Prima di uscire ad incontrare le persone che aiutava passava ore in preghiera, in adorazione del Santissimo. Si svegliava prestissimo e non teneva niente per se stesso. Ciò che faceva era proprio la sua vita e non avrebbe potuto cambiarla con altro».

Appena ho letto questa dichiarazione, al mio cuore mi sono subito venuti alla mente due aneddoti sulla vita di Madre Teresa di Calcutta. Il primo riguarda lo scrittore Bruce Chatwin che vedendo la Madre baciare un lebbroso morente disse: “Io non lo farei nemmeno per un milione di dollari”. E, lei, trapassandolo con la lama scura del suo sguardo avrebbe replicato: “Per un milione di dollari nemmeno io!”. Il secondo invece riguarda un incontro della Madre con alcune novizie che chiedevano di essere ammesse all’ordine. A tutte assiepate ai suoi piedi, madre Teresa disse con tono deciso: «Se siete venute qui per Gesù, bene. Se siete qui per far del bene ai poveri o per qualunque altro motivo fate le valigie e andate via oggi stesso».

Io credo che don Roberto vivesse con questo ideale: amare Gesù prima di tutto e amarlo nei poveri, negli ultimi, nei grandi esclusi dalla società civile. Intrecciava nella sua giornata preghiera e carità. L’una traeva forza dall’altra in un incontro sempre fecondo e vivificante che lo ha portato fino al 15 settembre di quest’anno, fino a dare la vita. Facciamo bene a osannarlo come un eroe ma non dimentichiamo che don Roberto è morto donandosi. Lo ha fatto anche per quell’uomo che ha alzato contro di lui la sua mano omicida. Un prete mette in conto anche questo. Il sacerdozio non è una semplice passeggiata all’aria aperta cercando di fare un po’ di bene e nelle pause celebrare qualche sacramento. Essere prete significa offrire tutto: pensieri, parole, il proprio corpo, il proprio tempo. E don Roberto è stato un prete. Non un prete vero, non un prete autentico, un prete e basta. La chiamata è unica, è la risposta purtroppo che qualche volta varia.


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1 risposta su “Non un prete vero, un prete e basta!”

Sante parole. L’abate dom Chautard scriveva nel suo grande libro “L’anima di ogni apostolato” che quest’anima è la preghiera, senza di essa non si può fare nulla. Gesù ha detto: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.” (Gv 15,5).

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