
Una comunità amici
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,18-21)
In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».
Il commento
“Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti” (8,20). Un fatto della cronaca quotidiana che non sembra avere particolare valore offre a Gesù lo spunto per dare un insegnamento significativo. Da notare che questo episodio è riportato in tutti i sinottici. Alcuni parenti, insieme alla Madre, manifestano il desiderio di incontrare Gesù. Non potendo avvicinarlo a causa della folla, consegnano la loro richiesta ad uno dei collaboratori del Rabbì, certi di avere la priorità. Il Nazareno presenta la comunità ecclesiale non semplicemente come un gruppo di persone che si trovano insieme per pregare, rimanendo estranei; e neppure non come un’associazione di volontari che s’impegnano insieme per realizzare un progetto comune. La comunità che egli desidera ha il timbro di Dio ma il volto di una famiglia: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (8,21). È una comunità che nasce dall’ascolto di Dio, si nutre costantemente della sua Parola e cerca di dare alla vita una forma che, per quanto imperfetta, sia conforme ai desideri di Dio. L’immagine della famiglia è certamente suggestiva ma rappresenta anche una forte provocazione: la comunione domestica, infatti, è fondata su legami significativi e coinvolgenti, in essa tutti si conoscono e si chiamano per nome e, malgrado i conflitti, ognuno riconosce nell’altro un fratello.
A partire dalle parole del Vangelo possiamo presentare la Chiesa come una comunità di amici, a condizione di vivere l’amicizia come un legame non fondato su motivi umani, per quanto nobili essi siano, né su interessi mondani e neppure su progetti di utilità sociale. Un’amicizia che nasce dalla fede in Dio e s’impegna a custodire la fede. Vi possono essere anche altri motivi ma devono trovare il loro essenziale punto di riferimento nella fede, percepita e vissuta in comunione con la coscienza ecclesiale. La fede, infatti, è capace di suscitare uno slancio di umanità e creare legami nuovi e duraturi, ben più solidi di quelli carnali. Oggi chiediamo la grazia di collaborare con Dio per manifestare il volto autentico della Chiesa.
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