Eutanasia

Alain Cocq: come mai nessuno parla del suo “sì” alla vita?

notizie

di Chiara Chiessi, Universitari per la Vita

Voleva uccidersi in diretta Facebook, ma poi qualcosa gli ha fatto cambiare idea e ha mostrato al mondo la menzogna nascosta nell’eutanasia. Sarà per questo che la sua scelta non trova cittadinanza sui giornali?

La vicenda del francese Alain Cocq è un grande insegnamento ed una dimostrazione pratica a tutti i sostenitori della “cultura” dell’eutanasia e dell’autodeterminazione del malato.

Cocq aveva scoperto all’età di 23 anni di essere affetto da una rarissima malattia che provocava assenza o insufficienza della circolazione sanguigna all’interno degli organi e dei tessuti. La patologia gli aveva completamente paralizzato gli arti inferiori, e da più di 30 anni il francese stava combattendo per un ampliamento delle norme eutanasiche nel suo Paese.

Il suo drammi? Era sostanzialmente un uomo solo. Nessun familiare al suo capezzale. Nessun amico. Nessuno. Gli unici che dimostravano interesse per lui erano gli attivisti radicali dell’Association pour le Droit à mourir dans la dignité, ma ovviamente era un interesse non sincero. Gli attivisti speravano di usare il povero Cocq come un simbolo, per avere finalmente un ampliamento della legge sull’eutanasia.

Il 4 settembre scorso il francese aveva annunciato che avrebbe mostrato online la sua lenta agonia ed infine la morte in diretta Facebook, attraverso la privazione di cibo ed acqua, smettendo dunque di nutrirsi; il presidente Macron aveva infatti respinto la sua richiesta di eutanasia. Pochi giorni dopo, l’uomo è stato ricoverato in un ospedale a Digione.

Sophie Medjeberg, vice-presidente dell’associazione Handi-Mais-Pas-Que, che ha sostenuto Cocq nella sua battaglia, aveva dichiarato alla stampa che temeva che fosse stato “portato in ospedale contro la sua volontà”.

Ma lui stesso l’ha poi smentita sottolineando che tutto era avvenuto “con il suo consenso” e che “fra 7 giorni, al massimo 10 sarò a casa”. Perché, ha continuato, “è ora di recuperare un po’ e creare una squadra di ricovero a casa”

Insomma, Cocq da accanito paladino dell’eutanasia, sotto l’influenza ovviamente degli attivisti radicali con cui era in contatto, ha cambiato idea ed ha deciso di riprendere a nutrirsi e ad idratarsi, utilizzando, per alleviare le proprie sofferenze, le cure palliative.

Un miracolo certamente, da guardare con gli occhi della fede, avvenuto grazie alle preghiere e alle offerte del numeroso popolo pro-life che non si arrende mai, ma che rappresenta anche un segnale chiaro della finzione dell’autodeterminazione nascosta nel concetto stesso di eutanasia e suicidio assistito.

Se posti nelle giuste condizioni, tutti vorrebbero vivere, così come alla fine ha deciso Cocq. C’è poi da fare un’altra considerazione: tutti i giornali ed i media si sono “sperticati” sottolineando la volontà del malato di morire, ma del fatto che abbia cambiato idea ed abbia deciso di curarsi fino alla fine, non ne ha parlato praticamente nessuno.

Eppure, questa vicenda, provvidenzialmente a lieto fine, è la prova lampante delle terribili e gravi menzogne dell’ideologia pro morte in cui siamo immersi oggi.




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