Scuola

di Piero Del Bene, insegnante

È proprio necessario riaprire la scuola?

23 Settembre 2020

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La riapertura della scuola espone tutti i protagonisti della vita scolastica a molti rischi, ma se non riapriamo mancherà la materia prima per la generazione dei “millennials” e, quindi per il mantenimento della Nazione.

Navigare necesse est. Vivere non nocesse est “Navigare è indispensabile. Vivere no”. Ecco una possibile traduzione del celebre motto che, secondo Plutarco, Pompeo avrebbe scandito ai suoi marinai, preoccupati per la navigazione pericolosa che li attendeva a causa del cattivo tempo. L’Egitto era, in quegli anni, una fondamentale riserva di grano necessario per la città di Roma, ormai divenuta talmente grande da aver bisogno delle materie prime provenienti dalle province. Senza quel grano, la città di Roma sarebbe andata incontro ad una grave carenza di cibo. Per questo motivo, il servizio delle navi che procuravano questo alimento era fondamentale. Plutarco racconta che, di fronte alle avverse condizioni climatiche, i marinai della flotta che doveva trasportare il grano nell’Urbe, si opposero alla partenza. Pompeo, allora, sempre nella versione di Plutarco, salì per primo sulla nave e pronunciò un discorso come un’arringa, il cui centro è appunto la frase che abbiamo citato in apertura. Secondo un’interpretazione diffusa, “egli voleva dire che, di fronte alla necessità che Roma aveva di grano, passava in seconda linea la stessa necessità di salvaguardare la propria vita”. La frase, molto suggestiva, è diventata, nei secoli, motto per imprese ardimentose non sempre condivisibili. Noi la prendiamo in prestito, invece, per raccontare il momento che vive la Scuola in Italia in tempo di riapertura, già avvenuta in alcune regioni e prossima in altre. 

La situazione è nota a tutti. Siamo stati tutta l’estate a seguire i tg, per capire se si riaprisse o no. E come. Abbiamo accolto e studiato (talvolta anche chi di scuola non si è mai interessato) i verbali del famigerato CTS (Comitato tecnico scientifico messo su dal Governo quale supporto scientifico), per capire se, come e quando si potesse “riaprire” e ripartire. Le interviste al Ministro Azzolina sono diventate un “must” per molte testate giornalistiche. Le sue affermazioni, spesso, sono state discusse come si fa con lo schieramento tattico adottato dall’allenatore della squadra del cuore. Nel paese delle fazioni, dei guelfi e dei ghibellini, ovviamente, non sono mancati i favorevoli e i contrari alle scelte del Ministro. Tante sono le preoccupazioni da una parte e dall’altra della cattedra. A proposito, in moltissimi casi, l’arredo per eccellenza della scuola, la cattedra appunto, si è ridimensionato per garantire maggiore distanziamento tra gli studenti. Chissà che questo fatto non possa diventare una metafora del cambiamento in corso nel rapporto tra docente e alunno, sempre meno influente il primo, sempre più protagonista il secondo, nel bene e nel male.

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La questione centrale è riassumibile in una domanda: ma è proprio necessario riaprire? La riapertura, infatti, espone tutti i protagonisti della vita scolastica a molti rischi. Provo a riassumerne alcuni. Dal punto di vista dei genitori, mandare il figlio a scuola può essere pericoloso, ma in molti casi è necessario per esigenze lavorative: con chi restano i figli più piccoli, considerato che i nonni in questa situazione, per evidenti motivi, non possono essere molto utili? Dal punto di vista dei docenti, la situazione è ancora più rischiosa. La riassumo con la riflessione preoccupata di una collega: “Io sono anziana e ho più di un acciacco. Ma non sono un lavoratore riconosciuto “fragile”. Dunque devo venire e sono contenta di riprendere. Però espormi al “contatto” con ragazzi che, fino alla sera precedente, hanno avuto comportamenti promiscui da movida senza mascherina e che, quindi, potrebbero contagiarmi, mi mette in ansia”. L’ansia è una reazione diffusa tra colleghi e genitori. Molti collegi dei docenti sono stati dedicati, in questi giorni, ad incontri con psicologi proprio per aiutarsi a gestire la propria e l’altrui ansia. La paura di morire è molto più diffusa di quanto si creda, anche se non si parla più della morte. Forse proprio per questo è così diffusa. Ma c’è anche la consapevolezza di affrontare una situazione davvero inedita negli ultimi decenni. Forse paragonabile alla ripartenza nel secondo dopoguerra, con la differenza, non banale, che in quel caso la guerra era finita, mentre ora il rischio contagio non è scomparso. 

E allora perché riaprire a tutti i costi? Ecco il nocciolo della questione. Probabilmente perché la didattica a distanza, nelle forme improvvisate con la quale è stata proposta in pieno lockdown, non ha funzionato. Soprattutto nei segmenti scolastici dei più piccoli quali l’infanzia e la Primaria. Ma anche i colleghi delle secondarie non sono soddisfatti. Sì, si è lavorato, ma nessuno se la sente di garantire sulla solidità della formazione offerta ai ragazzi. Certo la situazione sarebbe diversa perché gli errori compiuti nei mesi scorsi hanno comunque insegnato molte cose ai docenti. Nelle scuole oggi parliamo, infatti, di didattica digitale integrata. Parliamo cioè di un supporto tecnologico da usare al solo scopo di migliorare la qualità dell’insegnamento. Delegare tutto alla DAD non è più accettato da nessuno. Corriamo il rischio di accompagnare una generazione con gravi lacune non solo scolastiche, ma esistenziali, sia di “cose” non imparate che di esperienze non fatte. Una collega e madre raccontava di come considerasse una lacuna per suo figlio il non essersi misurato col compito di matematica al liceo da cui dipende la “salvezza” dell’anno scolastico. È profondamente vero: le prove scolastiche, se anche non servissero alla conoscenza, servono tuttavia alla fortificazione del carattere. Non vanno eliminate fosse anche solo per questo motivo. Il problema che ci troviamo di fronte però è molto simile a quello di Pompeo e dei suoi marinai: se non riapriamo mancherebbe la materia prima per la generazione dei millennials e, quindi per il mantenimento della Nazione. Mancherebbe la capacità di gestire una situazione, quella post emergenza Covid (non post Covid perché questo virus ci accompagnerà molto a lungo), che saranno loro a gestire e non noi. Dunque riaprire la Scuola è necessario. Anche a rischio della nostra salute che sarà comunque abbondantemente tutelata da protocolli rigorosissimi e dettagliatissimi. Anzi il rischio è che le scelte fatte fuori dalla Scuola siano il vero pericolo. Da più parti, in questi giorni, partono appelli alle famiglie affinché vigilino sulle scelte dei figli fuori dalla Scuola, affinché questa possibilità non venga loro tolta drasticamente. La vita in classe sarà rigida alla maniera di una caserma. Questo richiede che l’alleanza tra scuola e famiglia venga riconfermata sulla base di questi nuovi protocolli. È troppo importante che non si fallisca. 

Un’ultima considerazione vorrei fare sulla frase di Pompeo. Essa nasconde molto più di quello che le persone riescono a leggerci dentro. Potrebbe diventare addirittura un propulsore etico per i ragazzi. Cosa vuol dire, infatti, che vivere non è necessario? Un Professore, mi propose, una volta, una riflessione che riporto. La vita, la mia vita, si è accesa indipendentemente da me. Non è una mia scelta. E non è nemmeno necessaria. È un dono gratuito che mi è stato fatto. Senza alcun mio merito. Ciò che invece dipende da me è l’uso che ne posso fare. Posso sicuramente donarla per il bene di un altro. Per il bene degli altri. È quello che abbiamo apprezzato nelle vicende di medici, infermieri, sacerdoti che hanno perso la vita nel compimento del loro dovere. Per costoro, sicuramente “navigare necesse est”. Era, per costoro, necessario svolgere il proprio compito per la salvezza di altri, anche a rischio della propria incolumità. Cosa accadrebbe ai nostri giovani, quelli che rincontriamo alle nostre lezioni, qualora dovessero scoprire attraverso la nostra testimonianza che la loro preparazione è più importante della nostra incolumità fisica? Quale dono magnifico sarebbe per loro? Cosa vorrebbe dire per loro salvare la propria vita a costo che sia vuota? Il Covid ci sta insegnando anche questo alla fine del settimo mese di emergenza: va bene conservare la salute fisica, ma vale molto di più vivere degnamente, spendere fruttuosamente i giorni che ci vengono concessi. Iniziare l’anno scolastico con questo pensiero sia da parte dei docenti che da parte delle famiglie, potrebbe essere un promettente inizio. Auguri a tutti. 




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