Eutanasia

Don Carmine Arice: “Samaritanus bonus? Una grazia di Dio perfettamente in linea con il Magistero della Chiesa”

Don Carmine Arice

di Ida Giangrande

“Un documento necessario che raccoglie in modo organico la dottrina della Chiesa su questi temi rispondendo alle sfide del mondo contemporaneo”. Così don Carmine Arice, superiore generale del Cottolengo, commenta la Lettera “Samaritanus bonus”, della Congregazione per la Dottrina della Fede su eutanasia e suicidio assistito.

La Lettera “Samaritanus bonus” della Congregazione per la Dottrina della Fede ribadisce, qualora ce ne fosse bisogno, il secco no della Chiesa a eutanasia e suicidio assistito. In questo documento sono rilanciate posizioni in merito all’eutanasia già presenti nel Magistero: i cappellani non potranno essere presenti ad azioni eutanasiche, non potrà esserci assoluzione, unzione in caso di persone che abbiano fatto scelte eutanasiche e si auspica per gli ospedali “cattolici”, la perdita della possibilità di fregiarsi di questo aggettivo qualora al suo interno si utilizzino pratiche eutanasiche o eugenetiche. Come commenta queste precisazioni?

Innanzitutto ci tengo a sottolineare che si sentiva da più parti l’esigenza di un documento che raccogliesse in modo organico la dottrina della Chiesa su questi temi rispondendo alle sfide del mondo contemporaneo. Io credo che uno dei passaggi più importanti sia quello riguardante le crisi che dobbiamo affrontare a partire dall’antropologia funzionalista perché ci aiuta a comprendere la radice del problema. Questo documento, dunque, è una grazia del buon Dio, è il segno dell’attenzione materna della Chiesa verso l’uomo in tutte le sue condizioni. In seconda istanza non dobbiamo confondere la gradualità della legge con la legge della gradualità. Quando la Chiesa annuncia il Vangelo lo deve fare senza compromessi e soprattutto quando è difficile. Dal punto di vista personale ci sono dei cammini che vanno accompagnati, ma la verità va annunciata tutta intera. Io non posso dare l’assoluzione ad una persona che non è pentita e non posso ammettere pratiche eutanasiche nelle strutture cattoliche perché vorrebbe dire ammantare il male di bene e viceversa. Educare i figli significa, invece, mostrare la strada con molta chiarezza rispettando la libertà di ciascuno di comprendere la verità piano piano, attraverso un cammino graduale ma la verità va annunciata nella sua interezza. Dunque questo documento è perfettamente in linea con il Magistero della Chiesa. Il Papa lo ha approvato e questo dà a tutti noi un’idea chiara del pensiero di Dio. 

Secondo la sua personale esperienza c’è ancora “compassione” o è tutto tecnicizzato a tal punto che anche l’uomo se non funziona bene viene eliminato? 

Io mi auguro che ci sia presto una nuova rivoluzione antropologica dove la tecnica diventi di nuovo tecnologia. La tecnologia è, infatti, la tecnica orientata da un pensiero e questo pensiero è la visione dell’uomo che abbiamo oggi come oggi. Se la nostra visione è tipicamente funzionalista e, peggio ancora, se si sposa con il dato economico, le conseguenze di una visione del genere ci portano a una forma di autodeterminazione assoluta dove non esiste nulla a parte il buon funzionamento del corpo.

Nel documento si fa riferimento al senso del dolore, della morte e della malattia… so che non sarebbe facile spiegare tutto in una breve risposta, ma cosa ha imparato stando a contatto con queste tre dimensioni lì al Cottolengo?

Ho imparato che la fine non è il fine. Noi siamo molto concentrati sulla fine dell’esistenza umana, ma siamo poco orientati sul fine dell’esistenza. Bisognerebbe aprire delle scuole di senso, per imparare che la vita non è fine a sé stessa e che c’è un senso più grande che giustifica la nostra esistenza. Il problema è che spesso la fine è anche il fine. 

Sempre nella lettera si fa riferimento al concetto di “morte degna” e di “qualità della vita” quand’è che si muore degnamente? 

Quando si muore con un significato, quando si muore accompagnati, quando la terapia del dolore viene somministrata immediatamente e l’atto terapeutico è un atto proporzionato. Quando si impara a considerare il dolore globale della persona, anche quello spirituale come si insegna Cecilia Sanders, fondatrice delle cure palliative che rimanda all’idea della cura integrale della persona: corpo, anima, psiche e spirito. Si muore degnamente quando c’è un’attenzione globale del morente. Oggi l’iper-tecnicizzazione sovente si concentra solo sul dolore fisico ma la persona rischia di essere abbandonata e viene inficiata così la qualità della vita. 

Che cosa intende per “qualità della vita”?

Nel 2015 papa Francesco fece un messaggio per la Giornata del Malato nel quale ebbe a dire che quando si parla di qualità di vita spesso ci si riferisce a un criterio in base al quale stabilire chi è degno di vivere e chi no. Per questo motivo io preferisco sempre parlare di vita di qualità. Noi dobbiamo cercare di creare tutte le condizioni affinché una persona possa avere le condizioni di vita migliori nella sua specifica situazione. Dobbiamo creare le condizioni affinché ciascuno abbia una vita di qualità appunto. Tutto questo è moto più impegnativo, perché io non seleziono nessuno ma di tutti mi faccio compagno di viaggio ed è esattamente quello cha la Chiesa fa e chiede di fare. 

Per leggere il Documento in versione integrale clicca qui




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