aborto

“Non voleva un figlio, poi mi ha lasciata e con la sua compagna è diventato padre”

tristezza

di Giovanna Abbagnara

La storia che vi racconto è quella di Monica 49 anni e un matrimonio alle spalle andato in frantumi insieme al desiderio di diventare madre. Aveva troppa paura di perdere l’affetto di suo marito. Finché un giorno dopo una gravidanza inaspettata, lui l’ha costretta ad abortire e poi l’ha lasciata.

Le lacrime scendevano copiose e inarrestabili mentre ascoltavo Monica seduta quel pomeriggio sul divano del mio ufficio. Mi aveva contattato dopo aver letto un mio post dedicato ad un colloquio per la vita e mi aveva chiesto di conoscerci da vicino. Le nostre città non sono lontane e abbiamo potuto combinare un incontro nel giro di pochi giorni. Desideravo mostrarle la Cappella dedicata ai Santi Luigi e Zelia Martin che si trova dove c’è la redazione del mio magazine Punto Famiglia. È venuta. Dopo una breve visita, siamo salite nella mia stanza e Monica ha cominciato a raccontarmi la sua storia.

Da alcuni anni si è separata dal marito dopo dieci di matrimonio. “Una vita perfetta”: dicevano i loro amici, che invidiavano la casa superaccessoriata e le vacanze all’estero che si concedevano più volte durante l’anno. Entrambi professionisti di successo, Monica e il marito si erano sposati con il desiderio di condividere le loro passioni: i viaggi, il teatro, i concerti… Si amavano ma su una questione Paolo era stato chiaro fin dall’inizio: “Niente figli, troppi problemi”. “Io l’amavo, per lui avrei fatto ogni cosa. Desideravo solo quello che desiderava lui. Era il mio faro, la mia ragione di vita”. A trent’anni tutto appare semplice, dare spazio al divertimento è naturale ma “partecipavamo ai battesimi e poi alle prime Comunioni dei figli dei nostri amici e io sulla soglia ormai dei miei 40 anni cominciavo a sentire il desiderio di un figlio ma non avevo il coraggio di dire nulla a Paolo. Temevo di restare delusa dalla sua reazione”. Accade poi che, Monica non sa come, quel mese il ciclo mestruale tarda ad arrivare. È andato qualcosa storto nel contraccettivo usato per proteggersi e si ritrova in farmacia a chiedere un test di gravidanza. Lo fa da sola, di nascosto da Paolo. È positivo. Avranno un figlio. “Come raccontarlo a Paolo?”. Quella sera Monica decide di organizzare una serata speciale. Sul terrazzo di casa prepara accuratamente un tavolo per due: candele accese, musica, il piatto preferito di Paolo e soprattutto tanta emozione. Monica era certa che quel figlio avrebbe rafforzato la loro unione e lei non vedeva l’ora di sostituire tutti gli oggetti di ceramica vietrese di cui la sua casa era colma, con biberon e giocattoli per neonati. Paolo da un po’ di tempo era particolarmente silenzioso e rientrava a casa la sera sempre più tardi.

Tutto è pronto. Quando Paolo rientra a casa, trova la moglie con un bell’abito nero, un sorriso smagliante e un pacchettino con un fiocco azzurro. “Avrei desiderato un maschio” mi confida. Paolo apre il pacchettino velocemente e trova il test di gravidanza. Senza neanche guardare al risultato, lo scaraventa sulla poltrona e dice: “Non voglio un figlio. Ti lascio se lo tieni”. Monica è attonita. Fa fatica a parlare. Paolo riprende la giacca e va via. Quando rientra è ormai notte. Le candele si sono consumate e Monica è esattamente dove l’aveva lasciata. Il dolore paralizza, zittisce, imprigiona nella paura. Nei giorni seguenti regna il silenzio in casa. Monica si convince che per non perdere Paolo deve abortire. Prenota l’IVG, quella mattina si fa accompagnare da un’amica che non spreca nessuna parola né per lei né per il suo bambino. Quattro settimane dopo Paolo fa le valigie e va via. È innamorato di un’altra donna. Con lei avrà poi due figli. “Giovanna – mi dice Monica – se avessi avuto un po’ di coraggio, se qualcuno mi avesse detto una parola a favore di quel bambino, se avessi letto un post come il tuo, io oggi avrei mio figlio. E invece sono sola e il silenzio regna sovrano nella mia bella casa”.

Monica mi raccontò tutto con una calma e una dovizia di particolari che mi commosse. Sentivo il suo dolore. Potevo toccarlo con mano. Era stata in cura molti anni per una grave forma di depressione. La sua psicoterapeuta le aveva diagnosticato la sindrome del post aborto oltre al dramma della separazione. Non avevo parole da consegnarle. Mi sono solo avvicinata e abbiamo pianto insieme. Ad un certo punto mi ha detto: “L’aborto è una grande menzogna, l’ipocrisia più grande. Perché nessuno mi ha detto nulla? Perché nessuno mi ha spiegato quanto si soffre per questo? Perché lo chiamano diritto quello che è solo una grande tragedia?”. Di questo dolore nessuno parla. Si inneggia all’amore libero, si testimonia ai giovani: “State con una persona finché l’amate e poi quando il sentimento finisce, chiudete. Se non siete pronti a diventare genitori, abortite. In fondo è tutto gratuito. È un servizio che offre il Sistema Sanitario. Dunque, è lecito. Quindici minuti o poco più. Il tempo di un caffè con un’amica”. L’esperienza di Monica ci dice invece che le conseguenze possono essere devastanti. Bisognerebbe avere il coraggio di raccontarlo a quelli che lo presentano come una passeggiata. Nell’esperienza di Monica c’è un amore malato e mai diventato adulto che ha contribuito alla sua depressione ma l’aborto ha certamente aggiunto male ad altro male.

Monica sta ricostruendo poco alla volta la sua vita, è venuta per chiedermi se può fare qualcosa per l’Associazione a cui appartengo. Vuole fare un’adozione a distanza. Ha scelto di trasformare in amore tutto il suo dolore. L’aiuterò per quanto potrò.




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