
Non fuggire
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,43b-45)
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
Il commento
“Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini” (9,44). Per frenare ogni superficiale entusiasmo, a scanso di equivoci, Gesù aveva annunciato che la sua vicenda avrebbe incontrato la sofferenza (9,22). Subito dopo avvengono due eventi che lasciano una traccia indelebile: la Trasfigurazione sul Tabor e la guarigione del ragazzo epilettico. Questi fatti fanno scrivere all’evangelista che “tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva” (9,43). Non è la traduzione più adatta, l’ammirazione fa pensare alla stima e alla considerazione che nutriamo nei confronti di una persona. In greco abbiamo un verbo [thaumazō] che viene usato per descrivere la meraviglia e lo stupore della gente dinanzi ad eventi che superano di gran lunga l’orizzonte della ragione. I discepoli hanno dimenticato in fretta le parole oscure sulla sofferenza, i prodigi sono come una luce abbagliante, invece di far vedere la strada finiscono per nascondere la realtà.
Gesù vede il pericolo delle illusioni e decide di ritornare sull’argomento, non teme di suscitare dubbi o di alimentare ansietà. La verità prima di tutto, anche quando fa male. Quando hanno ricevuto il primo annuncio, i discepoli hanno pensato che si trattava di una tempesta estiva, forse di uno sfogo emotivo. Ora invece si accorgono che si tratta di un punto fermo sul quale non è possibile transigere. Luca riporta solo poche parole della catechesi di Gesù, che deve essere stata più ampia e dettagliata, ma sono molto incisive. L’evangelista annota che i discepoli “non capivano queste parole” (9,45). In greco troviamo un verbo [agnoeô] che indica l’incapacità di capire, potremmo tradurre: quelle parole non entrano nella loro mente, non fanno parte dei loro pensieri, sono come quelle persone estranee che non facciamo entrare in casa. Il Vangelo oggi ci consegna una parola difficile da comprendere, ancora più difficile da praticare. Chiediamo la grazia di non fuggire la fatica della vita.
Un commento to “Non fuggire”
26 Settembre 2020
Mariaconcetta Di LecceOggi, più che mai, è difficile e faticoso “NON FUGGIRE”. Ma spesso impegnarsi a “NON FUGGIRE” stanca e svilisce. Ecco perchè l’unico soccorso vero è il Sacramento e la preghiera comunitaria.