
Senza la preghiera
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,1-4)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».
Il commento
“Signore, insegnaci a pregare” (11,1). Stando al Vangelo di Luca, l’insegnamento di Gesù nasce da una precisa domanda dei discepoli. Sono rimasti stupiti e affascinati dal modo con il quale Gesù prega e chiedono di vivere la stessa esperienza. Questa domanda è l’oggettivo punto di partenza della vita orante ma non possiamo darla per scontato, anzi dobbiamo avere il coraggio di porci alcuni interrogativi piuttosto scomodi: abbiamo davvero il desiderio di pregare e percepiamo l’intima necessità di entrare in relazione con Dio? A volte appare l’esigenza ma è piuttosto vaga e non si traduce in una decisa volontà. È bene perciò verificare con sincerità se siamo determinati a vivere quest’esperienza e se siamo disposti a mettere da parte le altre cose. Se vogliamo veramente imparare a pregare dobbiamo dare tempo a Dio, anzi donare il tempo a Dio. Tante volte la preghiera rimane un’esperienza superficiale, fatta di parole che si ripetono stancamente. Il nostro pregare non ci introduce nella casa di Dio e non ci fa incontrare Dio. Tutto questo avviene perché, al di la delle apparenze formali, manca il desiderio profondo della preghiera. A parole chiediamo al Signore di insegnarci l’arte della preghiera, in realtà ci basta restare sulla soglia. In fondo è anche più comodo.
La preghiera, ha detto Paolo VI, è “canto e musica dello spirito, imbevuto della grazia e aperto alla conversazione della fede, della speranza e della carità” (27 settembre 1970). Pregare significa entrare nel deserto delle parole umane per fare spazio alla Parola di Dio. La preghiera, diceva Giovanni Paolo II, è come l’olio che mantiene accesa la lampada della fede (19 marzo 1992). Pregare significa riconoscere che Dio è il Signore che costruisce la casa, prima e al di là di ogni nostro impegno. Senza la preghiera la fede si riduce ad un vago impegno umanitario. Sospinti dalla testimonianza di tanti e grandi santi, che hanno fatto della preghiera il pane quotidiano, rivolgiamo il nostro sguardo a Dio con l’intima certezza che da Lui scaturisce tutto il bene possibile. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
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