di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,37-41)
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Il commento
“Mentre stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo” (11,37). Quando leggiamo una pagina evangelica dobbiamo in primo luogo cercare di raccogliere l’insegnamento fondamentale che l’evangelista intende consegnare. Ma possiamo anche soffermarci su alcuni dettagli, apparentemente secondari, che stimolano la meditazione personale. Il racconto inizia con l’invito da parte di un fariseo. La traduzione italiana usa un’espressione piuttosto generica, il testo greco è più preciso: “gli chiese di pranzare presso di lui” [par’autō]. Non conosciamo le reali intenzioni del fariseo ma queste parole lasciano intravedere una certa familiarità, quasi una disponibilità ad accogliere Gesù nella propria casa. Forse davvero vuole conoscere da vicino quel Rabbì di cui tutti parlano. È solo una sfumatura lessicale ma spiega anche la risposta del Nazareno: “Egli andò [eiseltōn] e si mise a tavola” (11,37). La formulazione evangelica è interessante. Il verbo greco [eisérchomai] significa entrare. Vorrei andare oltre il significato strettamente materiale. Gesù non si limita ad accogliere l’invito ma entra nella casa del fariseo, non solo varca la soglia della dimora ma desidera entrare nello spazio vitale dell’altro. Ai suoi occhi il fariseo non è un avversario da cui difendersi ma un interlocutore con il quale entrare in dialogo.
Con lo stesso verbo l’evangelista ha descritto l’ingresso di Gesù nella casa di Pietro (4,38) e in quella di Simone, il fariseo (7,36). Più tardi, lo utilizzerà anche nel racconto di Emmaus: “entrò per rimanere con loro” (24,29). “Aprite le porte a Cristo”, gridò Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1978, il giorno in cui iniziò il suo ministero sulla Cattedra di Pietro. È questa la scelta decisiva ma non basta farla una volta sola. “Signore, apri le mie labbra”, diciamo ogni giorno all’inizio della preghiera mattutina. Dobbiamo anche aggiungere: “Signore, apri il mio cuore, manda il tuo Spirito e concedimi di accogliere in modo sempre nuovo la tua Parola, fonte di luce e di pace”.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
1 risposta su “Lascia entrare Cristo”
Grazie Gesù!!!!!!!!!!!!