
Il primo posto
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,42-46)
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».
Il commento
“Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze” (11,43). Siamo nella casa del fariseo (11,37), l’invito a pranzo poteva essere l’occasione per un dialogo leale e invece si traduce in uno scontro ancora più duro. Fino a questo momento non sono mancati i motivi di frizione: i farisei accusano il Nazareno di arrogarsi un potere che appartiene a Dio solo (5,21), lo criticano per il fatto che s’intrattiene con pubblicani e peccatori (5,30), lo rimproverano di non rispettare lo Shabbat (6,2 e 6,7). In tutti questi casi Gesù ha sempre risposto per chiarire le ragioni che motivano il suo comportamento, dando così ai suoi oppositori la possibilità di riflettere e rivedere le proprie posizioni. Questa volta non offre alcuna spiegazione, non tende la mano, anzi si lancia in una dura requisitoria che l’evangelista riassume in tre guai rivolti ai farisei e altrettanti destinati agli scribi. Le sue parole hanno il sapore di una sentenza e invece anche in questo caso sono un invito a verificare con scrupolosa onestà le motivazioni che ispirano il proprio modo di vivere. La correzione, anche quella più severa, è fatta sempre e solo per amore, nasce dal desiderio di mettere l’altro dinanzi alla verità. Oggi mi soffermo sul secondo guai che invita a scrutare con lealtà in noi stessi per verificare qual è il criterio che muove le nostre scelte. Gesù accusa i farisei di “amare i primi posti” [prōtokathedría] (11,43), cioè i posti di onore, quelli che suscitano l’invidia e/o l’ammirazione. Insomma, amano mettersi al centro. Apparentemente non c’è niente di male, in realtà è una trappola mortale, chi vuole ottenere il consenso finisce per compiere quelle scelte che piacciono a tutti. I santi non hanno misurato la vita con il consenso sociale ma con l’obbedienza a Dio, non hanno seguito le mode ma il Vangelo. Per amore della verità hanno avuto il coraggio di andare controcorrente e, non raramente, di sopportare ingiuri e persecuzioni. Invece di cercare i primi posti, preoccupiamoci di dare a Dio il primo posto. “Non io ma Dio”, diceva il beato Carlo Acutis. Mi pare una buona regola di vita.
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