Aborto

“Il feto è un essere umano”: medico sospeso dalla professione ora vince la sua battaglia…

Feto, aborto

A cura della Redazione

Si chiama Jacques de Vos ed è un medico. Avrebbe detto a una donna incinta alla diciannovesima settimana di gravidanza «che la vita inizia al concepimento, che il suo "feto era un essere umano" e che un aborto uccide un essere umano non ancora nato». Detto fatto: sospeso per “condotta non professionale”. Ora, dopo tre anni, finalmente il riscatto: accuse ritirate.

Si chiama Jacques de Vos ed è un medico nel senso più autentico del termine. La sua missione è curare le persone e salvare la loro vita. Tutte le persone e tutte le vite anche quelle allo stato embrionale. De Vos stava completando in Sud Africa la sua formazione come medico, quando avrebbe detto a una donna incinta alla diciannovesima settimana di gravidanza «che la vita inizia al concepimento, che il suo “feto era un essere umano” e che un aborto uccide un essere umano non ancora nato»: in sintesi, la verità nuda e cruda. Ma mai come nel suo caso la verità è costata caro: de Vos ha perso il lavoro ed è stato sospeso dalla pratica medica […]. L’accusa? Aver avuto una “condotta non professionale”.

In cosa consisterebbe questa “condotta non professionale”? Nell’aver evidenziato una verità scientifica sulla quale anche i medici abortisti sono concordi. La vita umana inizia fin dal suo concepimento dato che siamo in presenza di un DNA umano. Non animale, non vegetale: umano. In questioni come l’aborto dunque non stiamo parlando di una sola persona coinvolta (la donna) ma di due vita in gioco (la madre e il figlio). De Vos non ha fatto altro che ricordare questa evidenza scientifica politicamente scorretta per il mondo di oggi.

A tre anni di distanza, la donna ha deciso di non voler portare più avanti la denuncia, quindi il «Consiglio per le professioni sanitarie del Sud Africa ha ritirato le accuse». Ora si attende una completa assoluzione del medico. Gli avvocati affermano di aver presentato prove di tre esperti che dichiarano vero quanto affermato da de Vos, sostenendo che costui «stava agendo nel migliore interesse della donna dandole informazioni complete e accurate sull’aborto, compresi i potenziali rischi e lo sviluppo del suo bambino non ancora nato». Anche questo un dovere etico di tutti. Quante sono infatti le donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza senza avere ben chiaro di cosa si parla? Non è forse nel diritto di ogni persona essere correttamente informata sul percorso sanitario a cui sta per sottoporsi. Evidentemente tutto questo non vale per l’aborto, sarebbe politicamente scorretto.




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