
La maschera della responsabilità
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,13-21)
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Il commento
“… demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni” (12,18). È l’unico evangelista a ricordare questo episodio: un tale chiede a Gesù di intervenire in una disputa sull’eredità (12,13). Gesù rifiuta di entrare in questa disputa familiare ed offre una parabola che richiama l’uso corretto dei beni. Il protagonista è un uomo ricco che, grazie alla sua fatica e alla sua intelligenza, ha fatto un buon raccolto, più di quello che lui stesso poteva immaginare. Non volendo sciupare i suoi beni, progetta di costruire un magazzino più grande per raccogliere i suoi beni. Non abbiamo nulla da rimproverare a quest’uomo, anzi ci sembra l’icona dell’uomo onesto e laborioso. Una persona che agisce con grande senso di responsabilità. Agli occhi di Gesù è solo una maschera che nasconde una sostanziale mancanza di fede. Per questo lo chiama “stolto”, cioè una persona che agisce senza riflessione. L’uomo, infatti, agisce e progetta come se fosse padrone della sua vita. Gesù invece gli ricorda i suoi giorni sono contati: “questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita”. Il verbo apaitéō significa chiedere una cosa dovuta. Vuol dire che la vita non ci appartiene, non possiamo farne quello che vogliamo.
Se fosse interrogato, l’uomo della parabola potrebbe dire che se avesse saputo di dover chiudere i suoi giorni, non avrebbe perso tempo a progettare. Il problema è proprio questo: non viviamo pensando all’eternità, dimentichiamo che l’esistenza ha una data di scadenza. La maturità consiste nella capacità di tenere nella giusta considerazione tutti i fattori. Una persona agisce con effettiva responsabilità se impara a vivere dinanzi a Dio, a cui tutto appartiene, il solo che può dare senso e valore alla nostra fragile esistenza. Il racconto evangelico contiene una delle provocazioni più attuali e sempre più difficile da accogliere. La responsabilità è certamente una virtù da esercitare ma deve essere intrecciata con la più grande fiducia in Dio. È questo che oggi chiediamo.
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