20 ottobre 2020

20 Ottobre 2020

Gli influencer, i nuovi educatori

Nell’era della comunicazione social, mi sembra giusto che il Governo pensi di raggiungere i giovani attraverso questo strumento per esortarli a comportamenti responsabili. Ecco allora che il premier Conte, tra le tante cose che deve gestire, decide di rivolgersi a chi il linguaggio dei giovani non solo lo parla ma in qualche modo lo “condiziona”. Così dopo il varo del nuovo Dpcm da Palazzo Chigi è arrivata la chiamata alla coppia più social d’Italia: influencer cremonese lei, rapper milanese lui. Stiamo parlando naturalmente di Chiara Ferragni e di Fedez. Ed è il presidente stesso a scomodarsi.

“Ieri abbiamo ricevuto una telefonata molto inaspettata, siamo stati messi in contatto con il presidente del Consiglio che ha chiesto un aiuto da parte mia e di mia moglie nell’esortare la popolazione, soprattutto quella più giovane, nell’utilizzo delle mascherine”: è Fedez a raccontarlo nelle sue Instagram stories. “Ragazzi, ci troviamo in una situazione molto molto delicata, l’Italia non si può permettere in maniera assoluta un nuovo lockdown” è l’appello dell’artista, per il quale “il futuro è nelle mani della responsabilità individuale di tutti noi e con un semplice gesto potremmo evitare lo scenario più brutto dei mesi scorsi: mi raccomando, ragazzi – è l’esortazione finale – utilizzate la mascherina”.

Capisco le motivazioni che hanno spinto il premier. Ha pensato bene che i giovani non li raggiunge certo con la scuola. E che possono fare i poveri professori supermascherati con la metà della classe in presenza? Lì dove si frequenta ancora la scuola! E poi i giovani mica sono all’oratorio. E la famiglia? I giovani non parlano in famiglia. Allora dove sono? Dove ti ascoltano? Sui social. Ed è qui che bisogna loro parlare.

A me sembra la sconfitta dell’educazione. Prima inneggiamo al libera tutti aprendo le discoteche in estate fino all’alba e senza controlli. Poi ci rivolgiamo agli influencer perché ci aiutino a raddrizzare il tiro. Mi chiedo qual è il principio pedagogico di questo sistema? È un buon metodo parlare ai giovani lì dove sono presenti. Faceva così anche don Oreste Benzi.

Quella notte dell’estate 1991, a L’Altro Mondo, una delle più note discoteche di Rimini, era la prima volta che un prete metteva piede in un locale da ballo per parlare di Dio ai giovani. Con la sua tonaca lisa, don Oreste varcò la soglia di quel mondo proibito e parlò loro non della pericolosità del bere o del fare notte fonda. È lui stesso che lo racconta: «Quando sono andato alla discoteca L’Altro Mondo, girando nella pista, ho chiesto a molti giovani da quanto tempo non si confessavano. Le risposte venivano spontanee, semplici. Mi sembrava che quei giovani aspettassero da dieci, dodici anni che qualcuno glielo chiedesse: tanti erano gli anni che non sì confessavano più. Ho chiesto il microfono per parlare a tutti da una pista sopraelevata. Non me lo volevano concedere per timore dei fischi che avrei potuto raccogliere. Alla fine mi hanno dato il microfono. Ho parlato loro di Gesù. Alla fine ho detto che la vita è una cosa meravigliosa, è la proiezione di un amore infinito. Ho detto: “Dio è in gamba, facciamogli un applauso”, e un migliaio di giovani, alle due di notte, ha applaudito a lungo Dio, a L’Altro Mondo. Poi un gruppo di giovani mi è venuto incontro e uno di loro mi ha detto: “Grazie, padre, che sei venuto. Come i padri dovrebbero stare più vicino a noi! Non lasciateci soli!”».

Forse li abbiamo lasciati soli per troppo tempo e ora dobbiamo accettare che siano gli influencer a dir loro di rispettare le regole. Non so ma questo modo di fare mi lascia molto perplessa.


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