
L’approfittatore
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,39-48)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Il commento
« Se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi…» (12,45). Il Maestro mette in luce la specifica responsabilità affidata agli “amministratori”, cioè alle persone che hanno ricevuto il compito di guidare la comunità ecclesiale (12,42), ma ricorda anche che tutto è affidato alla libertà dell’uomo. Il Vangelo è scuola di realismo. Gesù lascia intravedere il caso di un amministratore che, invece di rispondere fedelmente alla chiamata, abusa della propria autorità. E così, invece di servire la comunità, si serve degli altri; invece di cercare scrupolosamente il bene di tutti, si preoccupa unicamente del suo benessere; invece di indossare l’umile veste del servitore preferisce l’abito dell’approfittatore. Nelle parole di Gesù si tratta solo di una possibilità. Nella storia della Chiesa è una realtà che purtroppo accompagna e inquina la testimonianza evangelica. Le vicende più recenti, abilmente amplificate dai media, sono solo l’ennesima conferma di questa deriva utilitaristica.
Tutto questo ci rattrista ma non ci scandalizza. Ci chiede piuttosto di attuare una più attenta vigilanza su noi stessi. Ogni nuovo giorno offre la possibilità di seminare il bene a piene mani. Sapendo di essere deboli, ogni mattina ci inginocchiamo dinanzi al Signore per chiedere la grazia della fedeltà. La coscienza del dovere non basta, anzi è un piacevole inganno di quell’etica che si presenta con l’etichetta della laicità. Abbiamo bisogno di Dio e di quell’amore che Lui solo può dare. “Chi ama, scrive Sant’Agostino, non sente la fatica o, se la sente, ama sentirla”. Solo l’amore dona la forza di rispondere fedelmente – e qualche volta eroicamente – alle responsabilità che abbiamo ricevuto. Oggi vogliamo rendere grazie a Dio per tutti coloro che ci hanno dato il pane di Dio. Grazie a loro oggi possiamo cantare la nostra fede e fare la nostra parte perché la Parola continui la sua corsa. È questa la nostra preghiera umile e fiduciosa.
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