22 ottobre 2020

22 Ottobre 2020

L’ombra su un giorno di festa ma non spegniamo la luce

di Giovanna Abbagnara

Oggi è la memoria di San Giovanni Paolo II. Un giorno luminoso per tanti e in modo particolare per quanti, come me, hanno sulla sua testimonianza, le sue parole, il suo Magistero, scelto di impegnarsi a favore della famiglia e della vita nascente.

La nascita al cielo di Giovanni Paolo II è stata il seme dal quale è sgorgato l’impegno culturale ed editoriale di Punto Famiglia. Insieme ad alcuni amici della Fraternità di Emmaus, il movimento a cui appartengo, rispondemmo nel 2006 all’appello incalzante che ha caratterizzato tutto il pontificato di papa Wojtyla: “L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia!”. Abbiamo preso sul serio il suo invito e ogni giorno cerchiamo di fare la nostra piccola e umile parte perché la famiglia, pensata da Dio, sia valorizzata, annunciata, custodita.

Non poteva mancare l’ombra che sempre accompagna i momenti più importanti. Quasi a ricordarci che ogni ministero e in modo particolare quello che chiama in causa l’evangelizzazione, deve fare i conti con le tenebre del male, sempre pronte ad intervenire per offuscare tutto il bene che c’è.

È con gli occhi della fede che cerco di decifrare quello che sta avvenendo in queste ore circa le parole di Papa Francesco contenute in un documentario visionato ieri in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Dopo una prima reazione sconcertata di molti cattolici e l’euforia di alcune testate che hanno fatto del Papa la principale bandiera del loro pensiero, cerchiamo di ragionare da credenti.

È stato appurato che il documentario mette sapientemente insieme pezzi di intervista misti a dichiarazioni che papa Francesco ha fatto in diverse occasioni pur di far emergere un certo tipo di messaggio. È chiaro che questo modo di fare sciatto e approssimativo non dovrebbe appartenere alla deontologia di un buon giornalista. Ma si sa, pur di vendere i propri pezzi e arrivare prima degli altri, le redazioni spesso inseguono il coniglio fino dentro la tana per poi come Alice nel paese delle meraviglie, precipitare in un lungo e oscuro tunnel e offrire ai lettori la loro versione distorta della realtà.

Dall’altro canto però è vero, e non dobbiamo negarlo, che alcune dichiarazioni a braccio del nostro Pontefice spesso ci lasciano spiazzati perché sembrano essere palesemente delle spinte in avanti rispetto ad un Magistero consolidato su alcuni temi e ispirato a determinati principi.

Allora come leggere il momento contingente? Nel dubbio cerchiamo di aderire con lucidità al Magistero della Chiesa che su questo punto è preciso e non è costituito, per grazia di Dio da titoli di giornali ma da documenti precisi. E in questi documenti anche papa Francesco ribadisce la dottrina sul matrimonio e la famiglia, sulle relazioni tra persone dello stesso sesso e specialmente sulla tratta degli esseri umani.

Ma non basta evidentemente. La maggior parte dei cristiani non ha gli strumenti per cercare, decifrare e capire il Magistero, né per distinguere la dottrina da alcuni interventi a braccio. Come fare? Dove sono gli intermediari? Cioè quei giornalisti cattolici che aiutano le persone a leggere la realtà? Facciamo un esempio concreto proprio relativo a quanto è stato riportato dai media circa le parole del Papa.

Gian Guido Vecchi sul Corriere.it scrive: “Nel documentario, Bergoglio fa riferimento a Andrea Rubera, padre – con il compagno – di tre bambini. Una mattina consegnò al Papa una lettera nella quale spiegava di voler crescere i figli nella fede cattolica, temendo però per come sarebbero potuti essere accolti nella locale parrocchia. Il Papa — dice Rubera nel film — gli aveva poi telefonato, dicendogli di essersi commosso, e spingendolo a introdurre i figli nella vita della parrocchia, preparandosi però a trovare resistenze. Rubera, nel film, dice di aver effettivamente fatto frequentare ai figli la parrocchia, e di essere felice della scelta compiuta”. Ora la mia domanda è semplice: come ha fatto Rubera ad adottare i tre bambini quando non c’è in Italia una legge che lo permette? È evidente che qui siamo di fronte a quella tratta di persone più volte condannata dal Pontefice. Ne è stato informato? Perché i giornali non vanno a fondo della vicenda? Perché nessuno ne parla? Il principio sacrosanto dell’accoglienza di tutti, compresi gli omosessuali, è da sempre uno dei capisaldi della fede cattolica ma perché non presentare la realtà nella sua interezza?

Voi mi risponderete: e chi deve farlo? Bella domanda. Avvenire per esempio? Il quotidiano che dovrebbe leggere e aiutare a leggere la realtà ispirandosi alla Tradizione e al Magistero della Chiesa? Il quotidiano deputato ad aiutare i cattolici italiani a declinare nella prassi la dottrina? E invece nel lungo e articolato pezzo a firma di Luciano Moia (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-papa-unioni-civili-per-le-persone-gay)  uscito ieri quasi in concomitanza con la notizia data dai giornaloni Repubblica Corriere – a proposito come avrà fatto a scrivere tanto in così poco tempo? – apre con una frase fuorviante quanto scontata: “Gli omosessuali sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia”. Dopo questa ouverture ci vorrebbe un applauso. È una verità così lapalissiana, in piena continuità con gli altri quotidiani non cattolici che era così urgente ribattere? Per non parlare poi della trattazione. Apparentemente c’è una chiarificazione sulla non confusione tra il matrimonio cristiano e le unioni civili. Ci si appella al principio di laicità che condivido ma dopo, fa tutto un elenco delle dichiarazioni o degli eventi in cui papa Francesco ha parlato degli omosessuali, riportando ogni volta le parole di Francesco. Fa esattamente, dalla mia prospettiva, quello che ha fatto il regista russo nel docufilm: creare maggiore confusione e manipolare l’informazione.

Il tempo è difficile. Inutile negarlo. Noi oggi vogliamo rivolgere il cuore e la mente a san Giovanni Paolo II. La sua testimonianza è una lampada di luce certa che vogliamo continuare a tenere accesa.


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