29 ottobre 2020

29 Ottobre 2020

25 minuti per scegliere la felicità

di Giovanna Abbagnara

La santità è sempre sorprendente. Quando si manifesta nella vita di un adulto si potrebbe pensare ad un lungo periodo di maturazione che ha condotto una persona ad aderire con tutta la volontà al progetto di Dio. Quando si manifesta in un bambino o in un giovane, è bello contemplare come la fede non è questione legata al tempo ma un dono da accogliere con slancio e nell’oggi della propria vita.

È quello che ha fatto la giovane e sorridente Chiara Luce Badano che oggi la Chiesa ricorda nel giorno della sua memoria. Dieci anni fa, nel settembre del 2010 la giovane, morta a 18 anni, veniva beatificata presso il Santuario romano della Madonna del Divino Amore alla presenza dei genitori e di tutti gli amici del Movimento dei focolari, opera alla quale era ben felice di appartenere. Era stata la stessa Chiara Lubich, fondatrice del movimento, ad averle dato alla fine della sua vita il nome nuovo di Luce, “Chiara Luce”, un nome impegnativo che racchiudeva la piccola missione di questa giovane beata: essere luce per tanti giovani nel loro cammino.

Una vita semplice quella di Chiara. Nasce il 29 ottobre 1971 dopo che i genitori l’hanno attesa per 11 anni. Chiara è una ragazzina normale, ma con un qualcosa in più: ama appassionatamente; è docile alla grazia e al disegno di Dio su di lei, che le si svelerà a poco a poco. Dai suoi quaderni dei primi anni delle elementari traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita: è una bambina felice. Nel giorno della prima Comunione riceve in dono il libro dei Vangeli. Sarà per lei un «magnifico libro» e «uno straordinario messaggio». Dirà: «Come per me è facile imparare l’alfabeto, così deve esserlo anche vivere il Vangelo!». A 9 anni entra come Gen nel Movimento dei Focolari e a poco a poco vi coinvolge i genitori. A 17 anni, all’improvviso un lancinante spasimo alla spalla sinistra svela, tra esami e inutili interventi, un osteosarcoma, dando inizio a un calvario che durerà circa tre anni. Appresa la diagnosi, Chiara non piange, non si ribella: subito rimane assorta in silenzio, ma dopo soli 25 minuti dalle sue labbra esce il “Sì” alla volontà di Dio. Ripeterà spesso: «Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io». Lo «Sposo» viene a prenderla all’alba del 7 ottobre 1990, dopo una notte molto sofferta. È il giorno della Vergine del Rosario.

Mi sono sempre chiesta, ogni qualvolta ho letto la storia di Chiara, cosa è accaduto in quei 25 minuti di silenzio nella sua stanza. Che cosa ha trasformato lo sgomento della notizia del sarcoma in offerta, cosa ha mutato la tristezza in gioia? Una gioia così grande che le darà la forza negli ultimi mesi di vita di preparare con la sua amica Chicca, la Messa del suo funerale come una “festa di nozze”. Si prepara all’incontro con Gesù Sposo, chiedendo di essere vestita con l’abito nuziale. Sceglie le letture e i canti. Vuole che tutto sia perfetto, proprio come una sposa per il giorno nuziale. E poi quelle ultime parole sussurrate alla mamma, il suo testamento d’amore: “Ciao, sii felice, perché lo sono”.

La felicità. Questa agognata e desiderata felicità, questa chimera che si insegue con avidità nella forma fisica, nella persona giusta, nel lavoro che si desidera! E invece, questa giovane e sorridente ragazza, dagli occhi luminosi e da una bellezza semplice ci mostra la strada della vera gioia: amare Dio e lasciarsi amare da Lui per amare i fratelli; accogliere la croce; tenere gli occhi fissi sull’eternità. Semplicemente.


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