
Siamo tutti lontani
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15,1-10)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Il commento
“Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo” (15,1). Con queste parole l’evangelista introduce le tre parabole della misericordia (15, 1-32), un annuncio suggestivo di quel Dio che ama tutti i suoi figli, anche quelli che sono lontani o si sono volontariamente allontanati. In primo piano incontriamo quei “pubblicani e peccatori” che gli zelanti farisei consideravano poco raccomandabili, gente da tenere a distanza. Luca invece li descrive come persone interessate all’insegnamento di Gesù: non solo si avvicinano ma si pongono in ascolto. Il primo verbo [egghízō] non dice soltanto prossimità fisica ma indica un dinamismo del cuore. In genere lo troviamo in riferimento a Gesù, è Lui che si fa prossimo e annulla ogni distanza (Lc 18,35; 19,37); ma se vogliamo incontrarlo, dobbiamo anche noi fare quei passi che ci fanno diventare suoi amici. Come fa il cieco di Gerico (18,40). È interessante anche il secondo verbo [akoúō ]: non si accostano per chiedere guarigioni, non sono spinti solo dalla curiosità ma desiderano ascoltare la parola del Rabbi. Insomma, sono potenziali discepoli.
Dalla parte opposta troviamo un altro gruppo di persone: “I farisei e gli scribi mormoravano…” (15,2). Appartengono alla categoria opposta, quelli che sono o si ritengono più vicini a Dio, insomma, i raccomandati della fede. L’evangelista dice che osservano da lontano, a loro non interessa quello che Gesù dice, le sue azioni sono sufficienti per screditarlo come un maestro che dà cattivo esempio. Per descrivere il loro cuore l’evangelista il verbo mormorare, che in questo caso significa parlare male: non si rivolgono a Gesù né chiedono spiegazioni, pensano di sapere già tutto. Sono chiusi nei loro ragionamenti, impossibile entrare nel loro cuore. L’evangelista disegna una scena paradossale: i lontani si avvicinano, i vicini restano lontani. Le parabole della misericordia sono rivolte a tutti, ai pubblicani e ai farisei. Gesù non fa distinzione. Non perdiamo tempo a misurare la distanza che ci separa da Dio, chiediamo la grazia di fare altri e più decisivi passi nel cammino della fede.
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