
L’appuntamento decisivo
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 25,1-13)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: “Ecco lo sposo, andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: “Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Ma le sagge risposero: “No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.
Il commento
“Arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa” (25,10). Entrano quelli che sono pronti, non quelli che sono perfetti; quelli che hanno custodito la fede anche se l’abito che indossano non è privo di macchie. Entrano quelli che non sono sorpresi d’incontrare lo sposo, anzi hanno gelosamente coltivato questo desiderio lungo tutti gli anni della vita; ed hanno misurato i passi in modo da non mancare all’appuntamento decisivo. Per questo, quando arriva il momento sono pronti. È interessante sottolineare un dettaglio: la parabola dice che le vergini “entrarono con lui [met’autoû] alle nozze”. La preposizione indica comunione, familiarità, confidenza, intimità. È lo sposo che le accoglie ed entra con loro. L’incontro conclusivo appare come il sigillo di un lungo cammino fatto insieme. Al contrario, quando arrivano le vergini stolte e pretendono di entrate. La loro richiesta è presentata con un’invocazione di carattere liturgico: “Signore, signore, aprici” (25,11). Si tratta di una preghiera abituale nella comunità cristiana. Le vergini dunque vantano una conoscenza, si presentano con la divisa dei discepoli. E invece ricevono un rifiuto nella forma più plateale, una vera e propria sconfessione: “In verità vi dico: non vi conosco” (25,12). Letteralmente possiamo tradurre: “Non vi ho mai visto”. È una risposta raggelante. Loro pensano di far parte della comunità ecclesiale, il Signore svela che non si è mai instaurato con loro un legame. Se manca la comunione, non possono entrare con lui. Le vergine stolte vengono escluse, in realtà non sono mai entrate in comunione con lo sposo.
Questa parola, che Matteo ha in comune con Luca (13,25), fa capire che la motivazione ultima del giudizio non è legata alle opere non fatte o fatte male ma alla relazione instaurata con Gesù Cristo. La vita cristiana è un’esperienza in cui tutto è avvolto dall’amore di Lui e per Lui. Questa relazione, che durante l’esistenza è vissuta tra le ombre dell’umana fragilità, risplenderà in piena luce nel girono ultimo. E sarà gioia piena.
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