CORRISPONDENZA FAMILIARE

di Silvio Longobardi

Un popolo che si alza in piedi e canta la sua fede. La Francia che non ti aspetti

16 Novembre 2020

Pour la messe

In Francia c’è un popolo che si alza in piedi e canta la sua fede. Un popolo che s’inginocchia dinanzi alle chiese e prega con la semplicità dei bambini, invocando la Santa Vergine. Lo dico a scanso di equivoci, non si tratta di manifestazioni illegali, ma della testimonianza di una fede che non accetta di essere confinata.

Jean-Benoît, Geneviève, Solène, Léonie, Joseph e tanti altri. Sono tutti giovani universitari, hanno poco più di vent’anni, tanti sogni nel cassetto e una certezza nel cuore: non si può vivere senza la Messa, non è giusto proibire la Celebrazione Eucaristica. Per questo, attraverso un sito, hanno lanciato una petizione da consegnare al Presidente della Repubblica: in pochi giorni hanno raccolto più di 100mila firme (www.pourlamesse.fr). La richiesta è una semplice, commovente confessione di fede: “Siamo studenti, la fede per noi è il cuore della vita, un pilastro essenziale. Durante il confinamento della primavera abbiamo molto sofferto il divieto della celebrazione della Messa. Certo, le chiese erano aperte ma sono luoghi di vita. Senza la celebrazione della Messa le nostre chiese non sono più le stesse… e neppure noi”. La conclusione è bellissima: “Il tragico attentato di Nizza, che ha profondamente scosso ciascuno di noi, ha ulteriormente rafforzato la sete di lasciare aperte le nostre chiese per permettere a tutti i cristiani e a tutte le persone di buona volontà di venire e trovarvi un sostegno prezioso durante questo nuovo confinamento. È questa la nostra speranza”. 

Niente discorsi sociologici e neppure l’appello – che in questo caso sarebbe più che giustificato – alla libertà di culto. Questi giovani chiedono semplicemente di aver il cibo spirituale di cui hanno bisogno per vivere. La Messa per loro non appartiene ai beni voluttuari né può essere confinata nelle cose accessorie. Appartiene di diritto ai beni di prima necessità. Nelle parole di questi giovani non s’intravede neppure l’ombra di quell’aggressività che spesso accompagna le rivendicazioni sociali e politiche. Non vogliono essere confusi con i contestatori, non vogliono alimentare alcuna polemica politica, chiedono semplicemente di potersi ritrovare all’interno delle chiese – di quelle grandi e belle chiese presenti ovunque sul suolo francese – per celebrare la resurrezione e ricevere così il Pane della vita. 

Questo piccolo drappello di giovani, che ha mobilitato tanti altri, è solo un tassello di un popolo che chiede a gran voce di riavere la celebrazione eucaristica: “Nous voulons la Messe” è diventato lo slogan che migliaia di persone hanno scandito in ogni parte della Francia: Parigi, Versailles, Bordeaux, Nantes, Rennes, Lione, Tolosa e tanti altri luoghi meno conosciuti. Ovunque. Perfino a Lisieux, placida cittadina della Normandia, più di cento persone si sono radunate dinanzi alla Cattedrale per pregare. “Vogliamo la Messa”, ha detto uno dei partecipanti, “nient’altro che la Messa”. 

Hanno ragione da vendere. In effetti il Consiglio scientifico Nazionale (equivalente al nostro CTS) aveva dato parere favorevole alla prosecuzione del culto anche nel contesto di un nuovo confinamento. Dal punto di vista sanitario non c’erano dunque motivi evidenti per decretare un nuovo divieto della liturgia. È stata una precisa scelta politica che, dopo i drammatici fatti di Nizza, tre persone uccise nella cattedrale da un terrorista islamico, suona come uno schiaffo, un nuovo e più umiliante oltraggio da parte di un Potere che sa o non vuole riconoscere nel mondo cattolico un prezioso e indispensabile alleato per sconfiggere la cultura dell’odio e della morte. 

Ai lettori che non conoscono la situazione della Francia, è bene ricordare che tutte le scuole sono aperte, i trasporti funzionano, la gente esce per andare al lavoro, le manifestazioni sportive non sono state interrotte. Insomma, la vita scorre come prima, sia pure con tutte le doverose precauzioni sanitarie. Quelle stesse che i cattolici avevano sempre osservato scrupolosamente. Perché allora impedire la Celebrazione Eucaristica? Cui prodest? A chi giova? 

Non giova certo ai cattolici che vengono privati di un bene essenziale. Ma non giova neppure alla società, come ha ricordato mons. Eric de Moulins Beaufort, Presidente dei Vescovi francesi, in un comunicato particolarmente duro nei confronti di una decisione unilaterale che calpesta in modo plateale la doverosa collaborazione istituzionale che il Governo deve cercare con tutte le forze in campo. In effetti, hanno detto i Vescovi, la vita liturgica rappresenta la fonte che dona ai cattolici la forza e il coraggio necessari per vincere la paura e vivere in modo responsabile e solidale questo tempo carico di ombre pesanti. 

In Francia c’è un popolo che si alza in piedi e canta la sua fede. Un popolo che s’inginocchia dinanzi alle chiese e prega con la semplicità dei bambini, invocando la Santa Vergine. Lo dico a scanso di equivoci, non si tratta di manifestazioni illegali, come qualcuno ha scritto. Il decreto governativo ha proibito la celebrazione pubblica della Messa ma non i raduni. Ha calpestato la libertà di culto ma non ha tolto la libertà di radunarsi, previa autorizzazione della Prefettura. I cittadini non hanno diritto di pregare insieme ma hanno il diritto di manifestare insieme. Questa dicotomia è sufficiente per capire la vacuità delle ragioni che sostengono il divieto della liturgia. Sfruttando questo varco legislativo, i cattolici si sono radunati non per manifestare ma per pregare insieme e così testimoniare pubblicamente che la fede non può e non deve essere confinata.

Non sono stati i Vescovi a chiedere ai cattolici di intervenire, la mobilitazione è partita dal basso, da movimenti o da semplici credenti stanchi di essere considerati e trattati solo come lavoratori e consumatori. In Francia c’è un popolo che non vuole restare ai margini della storia e non accetta di essere docile spettatore degli eventi. È un popolo che vuole contare e far valere le sue ragioni. Mi pare una buona notizia, segno di quella perenne giovinezza di una Chiesa sempre pronta a testimoniare la sua fede. Per il bene di tutti.




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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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