
Rispondere in prima persona
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 19,11-28)
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
Il commento
“Fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato” (19,15). C’è il tempo in cui Dio consegna ai servi il denaro e il tempo in cui chiede di rendere conto. Questo passaggio è strettamente personale, ciascuno dei servi deve giustificare il proprio operato. La parabola ci ricorda così che non siamo padroni ma amministratori della vita, la nostra e quella degli altri. Non possiamo perciò agire in modo arbitrario, seguendo i nostri gusti, ma con responsabilità, cioè con la coscienza di dover rispondere a Dio. Agisce in modo responsabile chi risponde delle sue azioni. E non solo alla sua coscienza, come oggi si usa dire, ma a Colui che è all’origine del nostro vivere. Ciascuno è chiamato in causa, nessuno può nascondersi né attribuire ad altri la causa delle sue azioni e dei suoi errori. Dobbiamo sempre rispondere in prima persona. Le differenti risposte dei servi mostrano che non tutti hanno accolto la sfida: i primi due presentano il frutto del loro impegno, il terzo si lascia vincere dalla paura e rinuncia in partenza, pensa che sia sufficiente consegnare quello che ha ricevuto. Non facciamo fatica a riconoscere in questo servo un nostro fedele compagno di viaggio, anzi lo specchio delle nostre paure. La parabola ricorda che la fedeltà a Dio non coincide con la tranquillità della vita. La fede non ci chiude in una falsa sicurezza ma ci chiede di partecipare al cammino della storia, mettendo a servizio di tutti ciò che abbiamo ricevuto. Quanto più doniamo tanto più diventiamo ricchi, non di quei beni che si consumano ma di quelli che durano per sempre.
Oggi chiediamo la grazia di imparare a fare la nostra parte. E preghiamo in modo particolare per coloro che i responsabili della comunità ecclesiale, icona del Buon Pastore che dà la vita, perché sappiano esercitare il loro ministero lasciandosi guidare sempre e solo dalla fede per aiutare i battezzati a non smarrire la strada. Lo chiediamo per intercessione di Maria, Vergine fedele.
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