
Perdere la vita ma non il cuore
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 21,12-19)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Il commento
“Sarete traditi da tutti, uccideranno alcuni di voi, ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto” (21,18). Sono parole che fatichiamo a comprendere perché contrastano con la logica. Prima annuncia la persecuzione e il martirio e poi afferma che niente andrà perduto. Evidentemente, il perdere di cui si parla [in greco apóllymi] non riguarda l’integrità fisica ma quella interiore. E difatti, subito dopo annuncia trionfante: “Con la vostra perseveranza salverete la vita” (21,19). In greco vi sono tre vocaboli per indicare la vita, in questo caso non troviamo bíos (che fa riferimento alla vita fisica) ma psychē che indica la vita interiore, quel quid che ci rende vivi. Salvare la vita significa custodire il nostro essere nella sua integrità. Possono rubarci la vita ma non il cuore. Possono impedirci di parlare ma non di amare.
Questa pagina evangelica ricorda che siamo immersi in una storia drammatica. La fede è continuamente messa alla prova. Non siamo più abituati a questo, vorremmo una vita tranquilla e serena. È un desiderio legittimo ma può diventare una tentazione. Se la salute diventa un bene primario, al quale possiamo sacrificare tutto il resto, la fede perde consistenza, non è più la regina della casa ma una colf che mantiene in ordine le cose. Chi vuole una vita priva di rischi, non si preoccupa tenere sempre accesa e ben visibile la fiaccola della fede per illuminare quelli che cercano la verità né apre il cuore alla carità per dare risposte concrete a chi si trova in necessità. Al contrario, calcolatrice alla mano, misura ogni scelta in base al criterio della convenienza, evitando con cura ogni impegno che possa rendere più scomoda la vita. I santi ragionano in modo diverso. Teresa d’Avila, ad esempio, per esortare le sue monache ad arrivare alla meta, scrive così: “Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuole succedere, mormori chi vuol mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare: ma a costo di morire a mezza strada, scoraggiàti per i molti ostacoli che si presentano, si tenda alla meta, ne vada il mondo intero!” (Cammino di perfezione, 21,2). La via dei santi è più sicura per arrivare in Paradiso.
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