30 novembre 2020

30 Novembre 2020

È il tempo di essere a favore della Vita

Quest’anno l’Avvento ha un sapore nuovo… e non è solo a causa della pandemia. Sarà che gli anni passano e invece delle certezze, si consolidano i desideri o forse si affrettano soltanto nell’ansia di non poterli realizzare. Uno tra questi è tornare in Terra Santa. Nel viaggio di due anni fa, ho appena fatto in tempo ad assaporare la superficie. Ho bisogno ancora di ripercorrere quelle strade. Quando sono arrivata in quel luogo benedetto, la prima sensazione che ho avvisato è stata quella di sentirmi come in un posto in cui ero già stata. Tutto mi era familiare: le pietre, il paesaggio, le parole del Vangelo lette e rilette. Tutto lì è incarnato, toccabile, percepibile, vero.

Ad ogni tappa facevamo risuonare dalle cuffie dei nostri audifoni la Parola, dalla quale ci siamo lasciati condurre come una luce che illuminava i contorni di ogni pietra. Il Vangelo, ascoltato in quei luoghi, acquista una forza “nuova”, evocativa, perché i sensi, tutti i sensi, sono maggiormente aiutati e coinvolti. E così i versetti che tante volte avevo ascoltato, mi accompagnavano mentre camminavo per le vie di Nazaret  e per i sentieri in mezzo al deserto di Giuda, mentre sostavo dinnanzi al sepolcro vuoto, o alla mangiatoia di Betlemme, mentre scendevo dentro la cisterna della prigionia o mentre salivo al Tabor, mentre l’acqua mi bagnava il capo sulle sponde del fiume Giordano o mentre la barca navigava sulle acque del Lago di Tiberiade. La Parola mi ha condotta a ripercorrere con gioia la vita terrena del Maestro di Nazareth. È Lui che abbiamo celebrato bambino nella notte di Natale, che abbiamo sentito amico nella casa di Marta, Maria e Lazzaro; trasfigurato sul Tabor; in agonia sulla nuda roccia al Getsemani; risorto dentro il Santo Sepolcro.

E lo stupore, il tatto, l’ascolto diventavano poi preghiera nel canto del “Gloria” nella Grotta dei pastori, nel silenzio della contemplazione  sulla barca in mezzo al lago di Tiberiade, nella Via Crucis all’alba per le vie di Gerusalemme, nella meditazione dei Vangeli della risurrezione davanti al sepolcro vuoto, nel Magnificat cantato ad Ein Karem mentre con il rosario ripensavo a Maria che insieme a me compiva quella ripida salita per giungere da Elisabetta.  

Un luogo su tutti si è profondamente impresso nel mio cuore, e che ripenso all’inizio di questo Avvento ed è la grotta di Betlemme. Lì dove il Verbo si è fatto carne, abbiamo contemplato tutto “nel nome di Maria” come lo scrittore Erri De Luca ricorda in un suo celebre libro. In quella grotta c’è tutta la tenerezza di una madre che avvolge il proprio figlio in fasce, si prende cura di lui e infine lo depone in una mangiatoia. Non lo contempliamo in braccio alla madre ma deposto perché i nostri occhi, come quelli dei pastori nella Notte Santa, siano tutti rivolti al Verbo della vita. C’è un distacco, una sofferenza che caratterizza le prime ore della vita terrena di Gesù che ci permette di affacciarci per un attimo nel cuore della nostra Madre e di contemplare tutto il dolore per quel Figlio che non le appartiene. È già contenuto, nel gesto di deporre Gesù nella mangiatoia, tutto il dolore di Maria che avviseremo ai piedi della croce.

A Betlemme non ho potuto non pensare alla mia maternità ma soprattutto a quella di Ester. L’avevo incontrata prima di partire. La sua bambina aveva una grave patologia. Tutti le consigliavano di abortire ma lei in barba ad ogni voce alla fine scelse di accogliere la bambina che portava nel suo grembo. Ester ha avuto il coraggio di sottrarla alla violenza dell’aborto e alla vigliaccheria di chi vorrebbe risolvere tutto nel silenzio di un ambulatorio prima che il “fattaccio” si sappia. Ester ha scelto la vita ma quante madri ogni giorno scelgono la morte. A quanti bambini è ancora negato il diritto di vivere, di vedere la luce? Lì a Betlemme innalzammo con il rosario una grande preghiera per la Vita. E oggi, all’inizio di un tempo che ci prepara al Natale sento ancora più forte quanto è necessario impegnarsi contro l’aborto. Lì nella grotta di Betlemme, ho avuto la grazia insieme ad altri pochi amici di partecipare all’Eucaristia in ginocchio davanti alla stella che indica il luogo della nascita del Salvatore. È lì che vorrei ancora ritornare per riaffidare il grido della Vita, di tanti, troppi bambini ai quali è negata ogni giorno la luce. Ogni cammino verso il Natale me lo ricorda con forza.


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