CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Donne e madri. È tempo di abbattere il muro di separazione…

7 Dicembre 2020

mamma

La maternità ricorda non solo il ruolo ma l’oggettivo primato delle relazioni affettive su quelle funzionali. Una madre sa cosa significa amare gratuitamente e fino in fondo. Nessuno lo sa più e meglio di una madre. Non so se è quella più importante, ma sono convinto che sia una delle sfide decisive del nostro tempo.

Parlare della maternità non è di moda. Anzi, sembra un ostacolo a quella cultura che esalta acriticamente il ruolo della donna mettendo in evidenza sempre e solo la dimensione professionale e sociale. La vita domestica viene nascosta o svalutata, come una realtà d’altri tempi. Chi insiste a parlare della maternità viene guardato con sospetto e subito etichettato come il solito tradizionalista che vorrebbe la donna tutta casa e chiesa. Non importa se a parlarne sono proprio le donne. Non importa neppure se quelle che insistono sul valore intrinseco della maternità hanno titoli accademici e ruoli nella vita pubblica. Provate a immaginare un convegno dal titolo: “Sposa e madre. Il ruolo della femminilità”. Penso che difficilmente troverà sponsor. Ed è praticamente impossibile che sia proposto in un istituto scolastico della nostra Repubblica. Eppure, nessuno di noi mette in dubbio il legame viscerale con la propria madre e nessuno ragionevolmente può negare che la maternità è il cuore pulsante della vita sociale. 

Le radici di questa avversione alla maternità sono di natura culturale. L’esaltazione acritica e univoca del ruolo della donna nella vita pubblica nasce sulle ceneri della famiglia ed è fortemente sostenuta da quella cultura che non riconosce alcun valore alla famiglia. La lobby LGBT guarda con favore alla sconfessione della maternità perché il continuo richiamo al principio della vita umana e al ruolo essenziale della donna, contrasta non poco con quella proposta dove tutto è confuso e la vita stessa può nascere solo attraverso l’artificiosità della scienza. 

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Nessuno mette in dubbio il ruolo che la donna può e deve esercitare nella vita sociale perché possiede una peculiare sensibilità e risorse di inestimabile valore che possono vestire di umanità ogni ambito del nostro vivere. Ma tutto questo non può avvenire a scapito della famiglia, che resta la culla della convivenza umana. Il vocabolo casalinga non solo è inadeguato ma impoverisce il ruolo domestico della donna. Domus per noi non significa solo casa ma fa pensare alla famiglia, cioè a quelle relazioni essenziali che strutturano la personalità e danno un volto più umano alla società. 

Esaltare la femminilità e negare la maternità significa di fatto impoverire il compito e il contributo della donna. È bene perciò definire – o almeno tentare di precisare – quali sono i modi specifici con cui la donna può contribuire allo sviluppo dell’umana società. Giovanni Paolo II invita a scoprire “tutta la risorsa personale della femminilità, tutta l’eterna originalità della donna” (Mulieris dignitatem, 11). A suo parere la dignità della donna deve essere misurata attraverso l’amore che rappresenta l’esigenza essenziale di ogni persona. Il ruolo specifico della donna riguarda non tanto il fare ma l’essere, a lei viene chiesto anzitutto di custodire la verità dell’amore senza la quale tutti gli altri impegni perdono significato. Papa Wojtyla scrive che questo contributo oggi si rivela particolarmente urgente perché il progresso materiale si accompagna ad “una graduale scomparsa della sensibilità per l’uomo, per ciò che è essenzialmente umano” (Ib., 30). 

La maternità ricorda non solo il ruolo ma l’oggettivo primato delle relazioni affettive su quelle funzionali. Una madre sa cosa significa amare gratuitamente e fino in fondo. Nessuno lo sa più e meglio di una madre. Lei resta accanto al figlio malato, non importa se la scienza dice che non ci sono più speranze; e ricorda a tutti che se viene a mancare la gratuità dell’amore, resta solo il freddo silenzio della tecnica. 

Mi rendo conto che questi temi chiedono ben altro sviluppo di un articolo. A me basta richiamarli per sollecitare uno sguardo nuovo, nella speranza che sia solo una premessa per iniziare ad approfondire. In questo solco permettetemi di richiamare l’iniziativa Darai alla luce proposta da Punto Famiglia per questo tempo di Avvento: le storie di gravidanza e di maternità che raccontiamo giorno dopo giorno aprono uno squarcio luminoso su quella delicata e decisiva fase della vita umana e mostrano il ruolo della donna, prima e più di tante altre parole. Sono pagine di vita, pagine di un passato che profumano di futuro. 

Intrecciare il ruolo domestico della donna con il suo impegno sociale rappresenta oggi una grande sfida culturale. Non so se è quella più importante ma sono convinto che si tratti di quella decisiva.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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