12 dicembre 2020

12 Dicembre 2020

Quel pensiero della vita eterna… | 12 dicembre 2020

di Giovanna Abbagnara

L’eternità è un battito di ciglia” canta Jovanotti in una delle sue ultime canzoni. “Tutto, Signore, tranne l’eterno, al mondo è vano” ricorda Fogazzaro in una delle sue poesie. Qui e là l’eternità si infila in qualche canzone e in qualche verso poetico a testimonianza che la domanda sul senso del vivere e del morire è presente nell’uomo ma oggi più di ieri si tende a sfuggirla perché ogni cosa che facciamo è protesa a ricercare la felicità qui su questa terra, nelle cose di questo mondo.

“Quando avete sentito per l’ultima volta una predica sull’eternità?” chiede il cardinale Raniero Cantalamessa al Papa e agli altri sacerdoti convenuti per l’annuale ciclo di catechesi in preparazione al Natale ieri nell’aula Paolo VI. “Sono caduti sulla parola “eternità” l’oblio e il silenzio” dice il predicatore della casa pontificia. “La secolarizzazione ha fatto il resto, al punto che appare addirittura sconveniente che si parli ancora di eternità fra persone colte e al passo con i tempi”. E tutto questo costata padre Raniero: “ha avuto un chiaro contraccolpo sulla fede dei credenti. Essa si è fatta, su questo punto, timida e reticente. […] La caduta dell’orizzonte dell’eternità ha sulla la fede cristiana l’effetto che ha la sabbia gettata su una fiamma: la soffoca, la spegne”.

Non la pensavano certamente così i santi che sull’eternità hanno scommesso tutta la loro vita e l’hanno consumata con gioia e con fatica pur di acquistare il premio eterno. Nessun dolore, nessuna sofferenza, nessuna fatica era paragonabile al pensiero dell’eternità. Dovremmo rieducarci ad avere questo orizzonte nella nostra vita. Ci aiuterebbe forse ad affrontare tante delusioni e tante sofferenze che spesso soffocano la speranza e ci fanno ripiegare su noi stessi e la nostra infelicità. Perché se tutta la nostra fatica si dissolve con la morte, se l’amore non ci proietta in un per sempre infinito, a che giova scegliere sempre il bene?

L’eternità è qualcosa che non conosciamo certo e padre Cantalamessa dice che: “Se è necessario balbettare qualche cosa, diremo che vivremo immersi nell’oceano senza rive e senza fondo dell’amore trinitario. “Ma non ci annoieremo?” Domandiamo a dei veri innamorati se si annoiano al culmine del loro amore e se non vorrebbero piuttosto che quell’istante durasse in eterno”.

E poi la catechesi semplice e diretta come solo i grandi uomini di Dio sanno fare, senza sfoderare la loro cultura con frasi difficili e concetti artefatti, ci rassicura che già su questa terra i cristiani fanno esperienza dell’eternità: “Ne facciamo l’esperienza ogni volta che facciamo un vero atto di fede in Cristo, perché chi crede in lui possiede già la vita eterna (cfr. 1Gv 5,13); ogni volta che riceviamo la comunione, perché in essa “ci viene dato il pegno della gloria futura”; ogni volta che ascoltiamo le parole del Vangelo, che sono “parole di vita eterna” (cfr. Gv 6,68). San Tommaso d’Aquino dice che “la grazia è l’inizio della gloria”.

Ascoltando queste parole così belle, ho sentito nel mio cuore riaffiorare l’anelito per la vita eterna. Dovremmo averlo sempre chiaro, e trasmetterlo alle persone a noi affidate senza paura di essere ridicolizzati. Il pensiero della vita eterna non ispiri il disprezzo di questo mondo e delle creature, ma un entusiasmo e una gratitudine ancora più grande per essi.


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