
La firma di Dio
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,46-55)
In quel tempo, Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Il commento
“L’anima mia magnifica il Signore” (1,46). Il Magnificat è il canto della speranza, rilegge la storia del passato nel solco della fedeltà che accompagna tutti i secoli. Tutto si è compiuto e si compie nell’abbraccio fedele di Dio. Per questo, quando il giorno volge al tramonto in ogni angolo della terra, e in tutte le lingue del mondo, la Chiesa ripete le parole della Vergine e rende grazie a Dio per le sue grandi opere. Una pagina luminosa in cui ogni vocabolo è carico di implicazioni. Oggi vi invito a meditare le parole conclusive che possiamo considerare come l’amen della preghiera mariana: “Come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre” (1,55). Nella precedente traduzione, che usiamo ancora oggi nella liturgia della ore, diciamo: “Come aveva promesso ad Abramo”. La nuova versione, più fedele al testo originale, usa il verbo dire [laléō]. Penso tuttavia che non sia un errore tradurre con “promettere”: in fondo, ogni parola di Dio contiene una promessa, indica un traguardo che troverà realizzazione. È questa la fede della Vergine. Ed è questa la roccia sulla quale possiamo costruire la casa della vita. Il cammino dei credenti non è mai privo di oscurità ma, quando si ha la certezza che Dio accompagna la storia e realizza quello che ha detto, possiamo avanzare anche in mezzo alla prove.
Il Cantico si chiude con queste parole: “Per sempre”. In apparenza sono semplicissime, talvolta le usiamo anche noi ma lo facciamo con superficialità perché, ad essere precisi, queste parole si adattano solo a Dio, Lui solo può dire: “Per sempre”. Al massimo l’uomo può dire: “Per tutti giorni della mia vita”. Non possiamo andare oltre. Facciamo già fatica a gestire i giorni terreni. Le parole del Cantico sono la firma di Dio. E contengono una certezza di inestimabile valore, tanto più in un’epoca in cui il futuro è offuscato da non poche inquietudini. “Per sempre” significa che Dio non fa marcia indietro, non rinnega il suo amore. Ciò che all’inizio ha detto ad Abramo, troverà piena realizzazione, anche al di là di ogni umana attesa. Con questa luce possiamo attraversare tutti i giorni della vita, anche quelli più tumultuosi e oscuri.
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