
Chi sei tu?
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,19-28)
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Il commento
“Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo” (1,19). Questo racconto apre il quarto Vangelo. Siamo presso il Giordano dove il profeta predica e battezza. L’attività di Giovanni non passa inosservata. Le autorità religiose vogliono capire e mandano un’équipe teologica per verificare che cosa succede. Il dialogo è ritmato da una domanda che ritorna quattro volte: “Chi sei tu?”. Giovanni non fa nulla per attirare l’attenzione su di sé. Se avesse voluto, bastava poco per accreditarsi come il Messia o comunque darsi un ruolo e un’autorità più importante. Egli invece conosce e confessa chiaramente la sua vocazione, non intende in alcun modo occupare un posto abusivo e indossare una veste che non gli compete. Per questo si presenta così: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore” (1,23). Ad essere sinceri, non è certo una piccola cosa dichiarare di essere quella voce che precede e prepara la venuta messianica. Ma proprio per questo avrebbe potuto facilmente superare il confine segnato dalla grazia. Non è un fenomeno raro nella storia della Chiesa. Anzi.
Nella luce del Battista, vogliamo aprire la nostra carta d’identità. Ogni vocazione comporta la coscienza di avere un compito decisivo, se Dio chiama e affida una missione abbiamo il dovere di rispondere. È questa la fede che interiormente rischiara la vita di Teresa di Lisieux. Non pretende di scrivere la sua carta d’identità, seguendo l’istinto del cuore, si limita a leggere quello che Dio ha scritto: “Fece di me un pescatore d’anime, sentii un grande desiderio di lavorare alla conversione dei peccatori, desiderio che non avevo mai sentito così vivamente…” (Ms A 45v). Tutto questo avvenne nella notte di Natale del 1886. Quel giorno inizia quello che lei stessa chiama una “corsa da gigante”. Ricordando questa esperienza, nel giorno in cui facciamo memoria della sua nascita terrena (2 gennaio 1873), oggi chiediamo la grazia di rispondere fedelmente alla vocazione ricevuta.
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