
È la paura il vero male
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4,35-41)
In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
Il commento
“Ci fu una grande tempesta di vento” (4,37). Quando scoppia la tempesta i discepoli e il Maestro si trovano su due sponde lontane, vivono la situazione drammatica in modo diametralmente opposto. I discepoli interrogano Gesù e gli chiedono perché non fa nulla (4,38). Anche Gesù interroga i discepoli: “Perché avete paura?” (4,40). Una domanda apparentemente inutile, se consideriamo il contesto. È questo il passaggio decisivo della narrazione: l’evangelista non si limita a raccontare un evento tragico né vuole solo manifestare il potere divino del Nazareno sulla creazione. Si sofferma proprio – e a lungo – sulla paura dei discepoli per sottolineare la sostanziale mancanza di fiducia. Al centro del racconto non c’è la tempesta ma il modo affrontarla. È Gesù stesso che offre il criterio di giudizio: se vince la paura, significa che manca la fede! Quella sera, sul lago, i discepoli hanno perso un’occasione per manifestare la fiducia nella presenza amorevole di Dio. Gesù li rimprovera aspramente.
Alla luce di questa parola è possibile affermare che, dinanzi alla pandemia, la risposta della comunità ecclesiale è stata fin troppo timida. Nessuno dubita che la tempesta sia un male, anzi sappiamo che dietro il male si nasconde sempre il maligno, cioè colui che usa la paura per allontanare da Dio. Non abbiamo solo bisogno di vaccini ma anche e soprattutto della fede per ritrovare il gusto di proclamare parole che non sono una minestra riscaldata di quelle già dette dalla pubblica autorità. Affidarsi a Dio nel tempo della prova non è un’illusione del cuore ma l’espressione umile della nostra fede nel suo amore fedele che trasforma le tenebre in luce, come scrive il salmista: “Nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno” (sal 139,12). È questa la fede di Teresa di Lisieux: “Ho una così grande fiducia in Lui, che non potrà abbandonarmi: rimetto tutto nelle sue mani” (LT 32, 14 novembre 1887). Oggi chiediamo di maturare una fede che abbatte i muri della paura e ci doni di dare luce a chi vive nel tempo della prova.
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