1 febbraio 2021

1 Febbraio 2021

“A chi e a che cosa può servire la mia vita malata?” | 1 febbraio 2021

di Giovanna Abbagnara

Se la pandemia è stata ed è difficile per tutti, per le persone con disabilità lo è stata anche di più. Anna è sulla a rotelle da molti anni per una malattia genetica che la paralizza ogni anno un po’ di più. È giovane e piena di vita, tuttavia a tratti vive dei momenti di profondo sconforto. Con l’avvento del virus ha dovuto sospendere per sicurezza tutte le terapie. La sua famiglia si è organizzata per aiutarla al meglio. Non le ha mai fatto mancare la vicinanza e l’attenzione, tuttavia Anna mi diceva quando ci siamo incontrate che lei cerca un senso da dare alla sua vita. Mi sono ricordata che alcuni anni fa, sono stata invitata dalla diocesi di Acerra a presentare un libro di Mons. Giovanni Rinaldi, vescovo emerito, su Rossella Petrellese, Un mandorlo in fiore. L’ho cercato per farlo leggere ad Anna.

Nel Testamento di questa giovane donna noi ritroviamo una frase illuminante, che si rivelerà la chiave per comprendere la sua vita: “A chi e a che cosa può servire la mia vita malata?”. Rossella (1972-1994) fin da piccola conosce la malattia del corpo, una serie di malattie invalidanti la conduce a 22 anni a fare un viaggio in America per subire una importante operazione alla spina dorsale ma non riuscirà a superare l’intervento e morirà dopo sei giorni.  Negli anni la malattia del corpo si impossessa anche del suo cuore, cade nel buio della disperazione ma Dio accende una luce nel suo cuore e la fede diventa il suo baluardo e la sua ragione di vita.

Scrive Rossella: “Credevo che la mia vita fosse stata solo uno sbaglio, per tutti, perfino per me, ma Tu l’hai voluta, prima di tutti, Tu hai desiderato che io nascessi e che io vivessi, nonostante tutto (e tu sbagli non ne fai). Anche se io stessa sono tutta sbagliata, non importa, ciò che importa è che tu mi ami di un amore immenso”.

Rossella ha coscienza della sua debolezza, dei limiti anche nel corpo che le impediscono di vivere una vita normale e si ribella giustamente per lunghi venti anni a queste fragilità che smorzano i suoi sogni di giovane ragazza, tuttavia Dio le dona di comprendere che è proprio attraverso quella debolezza e quella fragilità che Dio la ama. “Tu bussavi, inginocchiato alla porta del mio cuore ma io Ti ignoravo; poi sei restato in silenzio, quasi nascosto e aspettavi che io mi accorgessi di Te”. Quando una persona è “forte”, in un certo senso si sente anche autosufficiente, non dipendente dagli altri, fiero della sua autonomia. E anche gli altri, vedendolo così, finiscono per accorgersi solo della sua potenza e si dimenticano di chi è veramente la persona che hanno di fronte. Così, l’essere “forti”, spesso, ci tiene un po’ lontano dagli altri e, più spesso, ci tiene lontani da Dio, del quale possiamo pensare di non avere nessun bisogno.

E quando la forza se ne va? E quando una malattia bussa alla porta? E quando i limiti del corpo finiscono per imprigionare anche i sogni legittimi? In queste occasioni abbiamo due strade da percorrere: o continuare a fingere di essere granitici e intoccabili e macerarci nel silenzio e nella solitudine del nostro dolore, continuando ad illuderci di essere intoccabili e potenti, oppure, aprire lo sguardo su noi stessi e sulla ferita che ci abita e consegnarci. 

Così come ha fatto Rossella, che ad un certo punto della sua vita, dopo venti anni di lunghe ricerche e ribellioni, di notti buie e di sofferenze indicibili, grazie ad una luce posta sul suo cammino, nel cuore della Chiesa locale, ha avuto il coraggio di fare: consegnarsi, abbandonarsi.

È il mistero della croce accolto con cuore sponsale. È questo il cuore dell’esistenza di Rossella ma anche della nostra vita. Quante ferite, quante delusioni, quante malattie, lutti, tradimenti, attraversano la nostra vita di sposi, genitori, sacerdoti, religiosi. Eppure è proprio lì che Gesù si fa compagno di viaggio come il mendicante sulla strada di Emmaus.

La vita non ci appartiene e non siamo noi a darle un senso, a noi spetta cercare e scoprire il significato che è nascosto in essa. Ognuno di noi ha un posto nell’architettura del tempio, ha un compito da svolgere. È bello sapere che siamo necessari: il buon Dio ci ha scelti e ci ha affidato una missione. Non è necessario comprendere tutto, anzi talvolta questa pretesa impedisce di scoprire la verità. È sufficiente vivere con umiltà e semplicità, rinunciando ad ogni pretesa così come ha fatto Rossella. Così come spero faccia Anna, seguendo il suo esempio.


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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