Per la Chiesa l’atto sessuale è finalizzato solo alla procreazione?

Ricordate la domanda che vi ho fatto le scorse volte: “Se l’atto sessuale permette all’uomo e la donna di diventare una sola carne, con chi ha senso viverlo?”. Oggi, a quella domanda, si aggiunge un altro pezzo: “Con chi ha senso vivere il gesto che, per sua natura, porta al mondo nuove vite?”

La scorsa volta abbiamo parlato della bontà dell’atto sessuale e del piacere (ci siamo detti che il problema non è la piacevolezza dell’atto, ma vedere il piacere come fine, dimenticando che l’altro è una persona da amare). Ci siamo detti che il problema non è il sesso, ma l’egoismo, che può rovinarlo. Abbiamo, quindi, accennato alla necessità di purezza e al valore della castità. Vi ho anticipato che ci saremmo soffermati ulteriormente su questo e lo faremo, più avanti. Prima, però, vorrei mettere in luce un altro aspetto dell’atto sessuale che ancora non è emerso con forza nei nostri appuntamenti e che invece è essenziale per proseguire questo percorso. Mi riferisco al fatto che l’atto sessuale è l’unico gesto fisico al mondo che da due persone ne può generare una terza. È vincolo tra due persone che si amano, ma anche veicolo per la vita. 

Ricordate la domanda che vi ho fatto le scorse volte: “Se l’atto sessuale permette all’uomo e la donna di diventare una sola carne, con chi ha senso viverlo?”. Oggi, a quella domanda, si aggiunge un altro pezzo: “Con chi ha senso vivere il gesto che, per sua natura, porta al mondo nuove vite?”. Tra le risposte che mi sono data, quando ho iniziato a capire sul serio la grandezza dell’atto sessuale, c’era anche questa: “Quando sono disposta ad accogliere un figlio”. Nessuno dei ragazzini di cui vi ho parlato nel nostro primo appuntamento mi ha dato una risposta simile (alla loro età, forse, non lo avrei fatto nemmeno io, presa dalla teoria del “Quando te lo senti”), ma ammetto che oggi questa mancanza di consapevolezza nei giovanissimi mi turba. L’uomo e la donna sono ministri della vita: vale la pena amministrare con saggezza un bene di tale portata. A noi adulti il compito di educare a questa responsabilità le generazioni che ci sono affidate.

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La mentalità contraccettiva (“Puoi farlo quando e con chi vuoi, basta che usi le precauzioni”) ci sta forse abituando a mettere questo aspetto un po’ in secondo piano. In fondo si crede che si possa arginare il “potere generativo” intrinseco dell’atto sessuale. Rimandando – per il momento – la riflessione sulla problematicità di scindere in modo netto il fine unitivo da quello procreativo, mi chiedo: è davvero sempre possibile farlo? Al di là di ogni valutazione etica sull’utilizzo dei contraccettivi (ne parleremo più avanti), quale metodo ha l’affidabilità del 100%? Non è forse vero che gli strumenti – tutti gli strumenti – possono fallire, a volte? Non è forse vero che la vita conosce vie che la scienza non è sempre in grado di prevedere? Rinfrescarci la memoria su questo e chiederci: “Sarei disposto/a ad accogliere un bambino oggi?”, credo sia un segno di rispetto per la vita che con quel gesto potremmo generare. Inoltre, potrebbe aiutarci a valutare con maggiore chiarezza la solidità del rapporto con l’altro. “Potremmo diventare genitori insieme, adesso?”, se la risposta fosse no, potremmo rivedere la nostra idea di vivere l’intimità proprio con quella persona, proprio in quel momento. 

Detto ciò, certamente sarebbe erroneo affermare che l’atto sessuale sia solo per la generazione della vita. A volte i miei amici non credenti o non praticanti, sapendo che sono cattolica (non solo nel senso che sono stata battezzata, come d’altronde anche loro, ma che appartengo a quella cerchia di persone che anche nel 2021 credono a ciò che la Chiesa insegna) mi dicono: “Per la Chiesa l’atto sessuale è finalizzato solo alla procreazione”. In quei momenti, lo ammetto, ripensando alla mia storia personale, oltre a ciò che ho studiato in teologia morale, diritto canonico e in antropologia duale, mi viene da sorridere. Perché non c’è nulla di più falso. “Questa volta è carne della mia carne” (Gen 2,22-23). “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola” (Mc 10, 2-16). L’uomo e la donna sono anzitutto chiamati alla comunione, a unirsi nel corpo e nello spirito, diventando un soggetto nuovo. 

La nostra professoressa di antropologia ci ripeteva sempre che in alcune culture (pensiamo ad esempio al popolo di Israele, prima della venuta di Cristo), un matrimonio senza figli non era pensabile. Se la donna non poteva concepire, allora l’uomo la ripudiava oppure si univa alla serva per generare e quel figlio diventava poi a tutti gli effetti dei due coniugi. La visione cattolica è ben diversa: l’amore sponsale – libero, fedele, totale – è la premessa indispensabile dell’unione fisica. Nel matrimonio cristiano i figli sono la logica conseguenza di un’unione sponsale, non la ragion d’essere. Sono il frutto di un amore preesistente. Ciò che, sì, va tenuto a mente è che la possibilità di accogliere dei bambini è parte integrante di questo stupendo disegno. 

È anche vero – e merita di essere sottolineato – che se i figli naturali non dovessero arrivare, l’unione sponsale non sarebbe affatto “menomata” o “sbagliata” per questo. Ci sono coppie che non possono generare dal punto di vista biologico, ma il loro amore è fecondo e porta vita in altri modi. Io ne conosco più di una, e vedo come la paternità e la maternità, che hanno la sorgente proprio nell’amore sponsale, vengono vissute ed esternate in altre modalità. Perché l’amore – se c’è, è vero, ed aperto alla vita – non si arrende di fronte agli impedimenti: è creativo, fantasioso, dirompente. E ogni amore che si rispetti, per natura, non si esaurisce in un circolo chiuso, ma è fecondo e si espande intorno a sé. Per oggi ci fermiamo qua, ma vi aspetto il prossimo venerdì! Non mancate!




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.


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