
Fianco a fianco
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6,53-56)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
Il commento
“Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono” (6,53). Il brano è situato subito dopo il miracolo dei pani (6, 35-44) e l’apparizione sul lago (6, 45-52). I discepoli sono stupiti, la notizia dei prodigi corre veloce e genera nella gente il desiderio di incontrare il profeta di Dio. Una ricerca sincera ma anche interessata. L’evangelista descrive questa folla anonima che accorre, sospinta dalla speranza, fedele icona di quell’umanità che in ogni tempo cerca risposte (6, 54-55). Io vorrei però invitarvi a contemplare la comunità apostolica che qui appare solo tra le righe. I discepoli sono sempre con il Maestro, anche quando non è detto esplicitamente, è Lui che decide la rotta, quando partire e dove andare. Mi pare una suggestiva immagine della fede e anche una provocazione: il discepolo è colui che vive con Gesù, fianco a fianco, lo segue da vicino e, in ogni circostanza della vita, cerca di restare attaccato a Lui.
Ogni battezzato è chiamato a coltivare un legame di familiarità con Gesù, diventa discepolo solo se entra in quella confidenza che è la veste dell’amicizia. Questo legame preferenziale non diventa mai un rifugio. Al contrario, dona la grazia di diventare, insieme a Lui e grazie a Lui, sorgente di carità, come leggiamo nel Vangelo: “Là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze” (6,56). Quanto più stiamo con Lui, tanto più impariamo a servire gli altri. La comunione con Gesù dona le ali della carità. Questo stile, che appartiene a tutti i discepoli, emerge in modo particolare nella vita consacrata. In effetti, il fascino della verginità non consiste nelle cose da fare ma nella possibilità di non avere altro da fare se non stare con Gesù. È questo il primo e più grande privilegio che il Signore dona a quanti scelgono di vivere nella totalità. Ed è anche la prima e più importante testimonianza che essi sono chiamati a donare: hanno infatti il compito di ricordare che tutto inizia e trova compimento in Gesù. Rendiamo grazie a Dio per i sacerdoti e i consacrati e preghiamo che custodiscano con fedeltà il dono ricevuto.
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