12 febbraio 2021

12 Febbraio 2021

Pensaci tu!

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 7,31-37)
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il commento

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano” (7,32). Il racconto evangelico descrive attentamente l’incontro tra Gesù e l’uomo malato. È bene tuttavia soffermarci sulle parole iniziali che chiamano in causa un anonimo gruppo che si reca da Gesù con il sordomuto. Siamo nella Decàpoli, in territorio pagano, eppure ci sono persone che manifestano la fede nel profeta che viene dalla Galilea. Questi amici sperano che quell’uomo possa fare qualcosa, anzi sono convinti che possa guarirlo. È certamente il segno di una fede sincera ma anche … pericolosa. È fin troppo facile coltivare una fede che consegna a Dio tutti i problemi della vita, lasciando a Lui il compito di risolverli: “Signore, pensaci tu!”. Una preghiera troppo comoda. Chi ha fede chiede a Dio di intervenire ma al tempo stesso si dispone a fare la propria parte. Meglio pregare così: “Eccomi, Signore, serviti di me”. Chi assegna a Dio tutta la responsabilità, raramente passa facilmente dall’apparente fiducia alla lamentazione, accusa il buon Dio di essere stato sordo e muto perché non ha ascoltato la nostra invocazione e non ha risposto al nostro appello. In realtà siamo noi sordi e muti, proprio come l’uomo del racconto evangelico. Siamo sordi ogni volta che ci chiudiamo in noi stessi e non ascoltiamo più gli altri, perseguiamo ostinatamente i nostri progetti. Siamo muti quando le nostre parole sono una minestra riscaldata del buon senso e perciò incapaci di comunicare vita. 

Non basta consegnare a Dio le nostre necessità o quelle degli altri. Questa è solo la prima parte della preghiera. La seconda consiste nel chiedere la grazia di sentire, come Gesù (7,34), il gemito dell’umanità: non c’è solo il disagio materiale, c’è anche la fame spirituale. Non c’è solo l’assenza dei beni di prima necessità, c’è anche la mancanza di affetti. Non c’è solo il grido che tutti possono udire c’è anche il grido silenzioso di chi non sa parlare. Oggi supplichiamo il Signore di lasciarci interpellare e scuotere dalla sofferenza e rispondere con quella carità che Lui solo può donare.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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