13 febbraio 2021

13 Febbraio 2021

Miracoli nascosti

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 8,1-10)
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

Il commento

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare…” (8,1). È una scena che conosciamo bene perché ritorna più volte nel corso dell’anno liturgico. È sufficiente perciò cogliere qualche dettaglio utile per passare dalla Parola alla vita. Vorrei sottolineare il contesto geografico: stando al racconto di Marco siamo ancora in territorio pagano, in quello stesso luogo Gesù ha guarito la figlia della donna cananea e un sordomuto. Non siamo dunque sorpresi se lo vediamo ora circondato, anzi direi assediato da una folla che lo segue con fiducia, desiderosa di ricevere qualcosa. In questo contesto avviene il miracolo dei pani. Un prodigio simile era già avvenuto in Galilea (6, 35-44). Questa volta ci troviamo in mezzo ai pagani. Il primo era destinato alla gente d’Israele, questo invece è un annuncio di quel pane che Dio vuole donare a tutta l’umanità. Tra i due racconti c’è una sostanziale continuità ma anche una differenza, espressa attraverso un gioco di numeri. In entrambi gli eventi, si dice che il pane viene dato con abbondanza straordinaria ma nel primo restano dodici ceste, in questo caso invece, dopo aver detto che tutti “mangiarono a sazietà”, l’evangelista aggiunge che portarono via i pezzi avanzati: sette sporte” (8,8).  Dodici è il numero d’Israele, sette invece, nell’antico oriente, è il numero che indica pienezza.

Questi dettagli, costruiti ad arte, fanno del racconto evangelico un vero annuncio di fede. Il miracolo viene narrato senza enfasi, senza neppure ricordare lo stupore della folla. La scena si conclude così: “Li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà” (8, 9b-10). Come se nulla fosse successo. Tutto si svolge in una cornice di grande semplicità! Quando Dio passa e opera lascia sempre un segno, un’impronta chiara. E tuttavia, tutto sembra rivestito di naturalezza. Sembra uno dei tanti miracoli nascosti che accompagnano l’umana esistenza. Oggi chiediamo la grazia non solo di sperimentare la Provvidenza divina ma anche di diventare provvidenza per i nostri fratelli.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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