
Il primo apostolo
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,40-45)
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Il commento
“Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto” (1,45). Il racconto inizia e termina con la parola del lebbroso: all’inizio parla a Gesù e lo supplica di essere guarito dal male; al termine parla di Gesù a tutti quelli che incontra. In questo brano possiamo individuare tre passaggi successivi dell’esperienza di fede: l’incontro, la guarigione e l’annuncio. Oggi mi soffermo sul terzo, quello che più facilmente trascuriamo. L’evangelista usa un verbo [kērýssein] che appare fin dall’inizio come un elemento essenziale, con lo stesso verbo infatti presenta sia il ministero di Giovanni Battista (Mc 1, 4.7) che la predicazione di Gesù (1,14). Con lo stesso verbo descrive la missione dei Dodici (6,12). Il lebbroso si pone in questa scia luminosa, anzi possiamo anche presentarlo come il primo apostolo. È interessante l’espressione usata dall’evangelista. In primo luogo scrive che “si mise a proclamare”: in questo modo sottolinea che non si tratta soltanto di un’azione occasionale, dettata dall’emotività, ma di un ministero permanente. Potrebbe bastare ma il Narratore aggiunge che s’impegnò a far conoscere il fatto, vuole he tutti sappiano quello che è accaduto. Il testo greco è più esplicito: “spargere in giro la Parola” [diaphēmízein tòn lógon]. Non si tratta solo di un singolo fatto ma di quella Parola che cambia la storia dell’umanità. Insomma, l’annuncio gioioso del lebbroso segna l’inizio di un’opera che accompagna tutti i secoli.
Per diventare apostoli dobbiamo sperimentare la potenza salvifica di Gesù che ci libera dalle catene del male. I limiti non sono un ostacolo all’opera di Dio. Anzi, possono diventare un prezioso alleato. Quando infatti la debolezza è vinta dalla grazia possiamo ripetere le parole di Paolo: “Dio è venuto per i peccatori e di questi il primo sono io, ma Dio ci ha usato misericordia” (1Tm 1, 15-16). Il vero apostolo non annuncia quello che sa fare ma quello che Dio ha compiuto nella sua vita. È ovvio che l’annuncio diventa tanto più credibile se viene accompagnato dalla testimonianza di quella vita nuova che Dio ha generato in noi. Ed è quello che oggi chiediamo.
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