25 febbraio 2021

25 Febbraio 2021

Donne e politica, un processo tutt’altro che concluso | 25 febbraio 2021

Otto donne su ventitré ministri: questa la scelta del premier Draghi per la sua squadra di Governo. Il tiro viene un po’ raddrizzato dalla scelta dei sottosegretari: 19 donne e 20 uomini. Ma è solo una questione di numeri? Donne e politica, un rapporto solo apparentemente risolto negli ultimi decenni. I passi da fare sono tanti e chiaramente non riguardano soltanto la composizione dei governi e il conferimento degli incarichi. La svolta deve essere contenutistica e non femminista. Dare più potere alle donne non significa portare avanti alcune battaglie per la parità di genere che finiscono non per esaltare il ruolo femminile ma solo per rivendicare la parità tra uomo e donna. Si perde il meglio dell’essere donne in un campo preciso del vivere civile.

La storia cosa dice? La Seconda guerra mondiale vede con la Resistenza un nuovo protagonismo femminile. Nel 1945 le donne ottengono il diritto all’elettorato attivo per decreto, e un anno dopo, quello passivo. Nella Costituente troviamo 21 donne elette e nella Costituzione troviamo sancito il principio di uguaglianza di genere (artt. 3,4,37,29,51). Il periodo successivo alla seconda guerra mondiale vede la prima donna nominata in un governo, nel 1951 la democristiana Angela Cingolati diventa sottosegretaria all’Industria e al Commercio, il proliferare della produzione legislativa sul lavoro (Legge 860 del 1950 sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, Legge 66 del 1963 con cui le donne vengono ammesse ad esercitare tutte le professioni, compresa la Magistratura) e nel 1960 con un accordo interconfederale è sancita la parità formale e sostanziale tra uomini e donne nel mondo del lavoro attraverso l’eliminazione delle tabelle remunerative differenti per uomini e donne. Da qui comincia una fase che definisco distorta del ruolo femminile. Alcuni movimenti femministi perseguono la parità con gli uomini invocando diritti che sanciscono un guadagno di potere rispetto ai maschi. Così durante gli anni ’70 in Italia viene introdotto il divorzio e viene legalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza.

Diritti che a mio avviso ledono proprio la donna, perché la isolano, la rendono meno protetta e la costringono a non valorizzare quelle attitudini a tenere unita la famiglia e ad accogliere una nuova vita che sono prerogative e doni propri delle donne. Attenzione non sto dicendo che le donne non hanno il diritto di uscire dalla prevaricazione coatta degli uomini o addirittura dalla sudditanza del sesso più forte su quello più debole. A me sembra che la lotta per le pari opportunità sia diventata nel tempo la conquista di una posizione simil maschile. La donna vuole essere come l’uomo, nel senso che vuole comportarsi, agire, decidere come gli uomini. Ed è qui che c’è il più grande inganno della storia.

Le donne cresciute nel clima culturale degli anni ’70 e che poi sono le madri della mia generazione, hanno maturato dentro di sé la convinzione, trasmessa anche alle loro figlie, che una donna “deve essere innanzitutto autonoma economicamente dal proprio marito”. Questo modo di pensare non risolve il problema della parità. Non fa altro che buttare sulle spalle delle donne pesi inimmaginabili: chiamate ad essere donne in carriera, mogli sempre in ghingheri e madri super organizzate. La conseguenza? Donne sempre più stressate a rincorrere il mito dell’uomo di potere e di successo. Ed è quello che accade anche ai giorni nostri. Per grazia di Dio nella storia abbiamo donne che hanno saputo essere tali non annacquando né diluendo il loro essere femminile. Molte hanno militato nell’Azione Cattolica o sono state formate da donne meravigliose come Armida Barelli che tra non molto verrà beatificata come la Chiesa ci fa sapere in questi giorni.

Queste meravigliose testimonianze, come tante altre, ci hanno lasciato in eredità la consapevolezza che la donna deve ricoprire qualsiasi ruolo sociale a partire dal suo essere donna senza scimmiottare l’uomo. La presenza delle donne in politica potrebbe in certi momenti rendere meno aspro l’agone e più umana e riflessiva la risoluzione dei problemi della collettività. Inoltre la presenza della donna in politica apporta quell’approccio del tutto personale, tipico del mondo femminile, prettamente programmatico perché è noto che le donne sono molto concrete nella gestione della “res publica” e determinate nel realizzare gli obiettivi che si prefiggono, e certamente meno avvezze degli uomini alla ricerca spasmodica di posizioni di potere, nonché all’utilizzazione di quest’ultimo al fine di gratificazioni meramente personali.

In Italia, la presenza femminile in Parlamento e al Governo è sicuramente aumentata: abbiamo fatto passi avanti dai tempi di Nilde Iotti, prima donna a ricoprire la carica di presidente della Camera dei deputati nel 1979, e di Tina Anselmi, prima donna a ottenere un ministero nel 1976, anche se solo nel 2018 una donna, la senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha raggiunto la presidenza del Senato, ovvero la seconda più alta carica di Stato. In questo processo di inclusione politica però, a parte qualche caso, ancora si fa fatica a riconoscere alle donne ruoli di leadership, posti nei consessi decisionali. 

Cosa apporterebbe alla politica dare più spazio alle donne? Diversi studi affermano che le donne in politica sono più collaborative e bipartisan, caratteristiche che potrebbero portare una maggiore trasparenza e cooperazione nei processi decisionali, così come livelli di corruzione più bassi. Inoltre, alcuni studi dimostrano che, in materia di politiche pubbliche, le donne tendono a destinare più risorse a famiglia, salute e welfare sociale. Dunque non è solo una questione di numeri, ma soprattutto di ruoli e di spazio a quello, che Giovanni Paolo II chiamava genio femminile, che è sostanzialmente la capacità di guardare la realtà attraverso il cuore delle donne e che non ha niente a che vedere con il processo di trasformazione delle donne in uomini.


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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