Che succede se uno vuole vivere in castità e l’altra no?

Castità

La castità è una scelta libera e personale, quindi non può essere imposta. Non convincerete mai qualcuno con la sola insistenza o la repressione a cercare la purezza. Tuttavia possiamo e anzi, dobbiamo, offrire una testimonianza coerente e credibile.

Provate a convincere una persona che non ama lo sport a fare con voi una maratona, dall’oggi al domani. Mio marito ama correre e ha fatto anche varie gare, ma non è mai riuscito in nove anni che ci conosciamo a convincermi a correre nemmeno dieci minuti. Non ho niente contro di lui o contro il suo hobby, anzi lo ammiro molto per l’impegno: semplicemente correre è la cosa che mi piace di meno fare al mondo. (Come la cosa che meno piace a lui è scrivere. Dicono che gli opposti si attraggono; in effetti…). Né io né lui ci reputiamo degli scansafatiche, ma siamo disposti a faticare per delle cose per cui crediamo ne valga la pena. È così per tutti, penso. Se una cosa non ci interessa, non ci convinceranno mai a fare dei sacrifici per ottenerla.

Credo che questo discorso valga anche per la castità. La scorsa volta abbiamo detto che si tratta di una scelta faticosa. Vi ho lasciato con una domanda: come si fa a viverla? Più avanti vi presenterò alcuni “mezzi” per iniziare a calarla nella nostra vita. Oggi, prima di proseguire con i nostri discorsi lasciati in sospeso (non abbiamo neppure finito di parlare dei “vantaggi” della castità: abbiate pazienza, ci torneremo!), vorrei porre l’accento su due aspetti.

Leggi anche: La castità: una meta bellissima, ma la strada è tutta in salita…

Il primo è che la castità è una scelta libera e personale, quindi non può essere imposta. Non mi tirerete mai giù dal mio comodo divano mentre sto leggendo un libro per andare a fare jogging. Non convincerete mai qualcuno con la sola insistenza o la repressione a cercare la purezza. Potrete anche gettare via il computer dove ha accesso a immagini sconce, continuerà a crogiolarsi in esse usando l’immaginazione. Deve essere lui a prendere coscienza, a vedere la bellezza di guardare sé stesso e gli altri con occhi diversi, deve essere lui a scegliere di mettersi in cammino, magari perché stanco di un sesso svuotato dell’amore. Nessuno può vivere al posto di un altro. E non ci è chiesto di “convertire tutti” con la forza: possiamo – no, scusate, dobbiamo! – dar testimonianza, ma l’adesione è personale.

Il secondo aspetto su cui mi soffermo – e qui mi riferisco nello specifico alla scelta di non avere rapporti prematrimoniali, di cui abbiamo iniziato a parlare – è che non si può fare da soli la parte che spetta all’altro: in una coppia, dovrebbe essere il più possibile una decisione condivisa. Altrimenti diventa fonte di forti tensioni, di ricatti, di recriminazioni, diventa il capro espiatorio di tutti i problemi che si hanno nella relazione. Ci potrà essere uno dei due più motivato, più deciso, più forte (e non sempre è la donna… l’ho scoperto con grande sorpresa da quando mi interesso del tema) e l’altro che fa un po’ più di fatica, ma se uno è totalmente favorevole e l’altro completamente sfavorevole, vivere questa condizione porterà più problemi che altro. 

Una volta, in un finto tribunale televisivo, c’era un uomo che chiedeva un risarcimento per danni morali per la repressione dovuta alla castità prematrimoniale e pretendeva la separazione per non aver potuto scoprire prima delle nozze che quella donna non era la sua “partner sessuale ideale”. Ok, la tv esagera sempre, ma sono convinta che storie simili non sono poi così surreali.

Ricordo a questo riguardo la storia vera di una coppia dove a volere attendere il matrimonio per il vincolo sessuale era solo lei. Lui la assecondava, all’inizio, ma non era affatto convinto. Anzi era palesemente contrario. Col tempo il ragazzo è diventato freddo verso la ragazza, la relazione si è incrinata sempre di più e lui ha fatto sentire in colpa lei per non aver voluto avere rapporti fino a quel momento. Si diceva “schiavo” di quella decisione. E le ha fatto capire che il motivo della crisi era la mancanza di sesso. 

Lei ci ha creduto, tra l’altro era innamorata e voleva fare di tutto per non perderlo. Così, ha messo da parte i suoi valori (per lei era molto importante donarsi solo a suo marito) e si è concessa. Cosa è accaduto dopo? Che il sesso non ha risolto nulla, i problemi sono rimasti (a dire il vero, non c’era mai stata autentica comunione tra i due: questo era il vero problema…), ma intanto lei ha perso la verginità con quello che poi non si è rivelato l’uomo della sua vita, perché dopo poco tempo si sono lasciati. 

“Certi valori devono essere condivisi, lo sguardo sul corpo, sulla sessualità deve essere lo stesso – sostiene, oggi, quella ragazza – altrimenti la coppia non cresce, anzi, ognuno rinnega sé stesso e non ha senso”. 

Conosco invece tante coppie in cui la castità prematrimoniale, accolta di comune accordo, perché la meta la vedevano entrambi, ha favorito un’unione d’anime profonda. Si dice sempre che “in coppia le cose si fanno in due”. Ecco, vale sicuramente per la castità prematrimoniale. Non puoi trascinare in una maratona qualcuno che non vuole muoversi. Potrai farlo per qualche metro. Dopo un po’, il peso diventerà insostenibile. E soprattutto inutile. In tanti casi, ci si farà davvero male. Di tutte queste dinamiche parlo nel mio libro “Casti alla meta. 50 sfumature dell’amore vero” (Mimep Docete, 12 euro), fornendo più testimonianze che teorie. Qui, per motivi di spazio, mi devo fermare.

Vorrei prima concludere, però, con un messaggio, che già ho cercato di comunicare in precedenza, ma che penso sia bene riassumere, per chi non ci ha seguiti finora: “castità” non significa mera “astinenza”. Se la si vive come una castrazione, non ha senso. La castità non annulla i desideri, anzi, aiuta a esaminarli, li raccoglie e li fa maturare, come in un vaso, perché sboccino nel miglior modo possibile. Dobbiamo anche abbandonare l’idea di una castità che è fatta di “girare attorno al sesso” (“oggi arriviamo fino a qui, domani fino a lì…” e finiamo per fare “di tutto” meno che l’atto sessuale completo). La castità è molto di più: è riconoscere che l’altro è un dono, che ha un’anima e che il suo corpo è sacro, quindi va custodito. 

È abituarsi a coltivare la tenerezza anche in un semplice sguardo o in una carezza, è sognare una fusione d’anime, attraverso il corpo e per questo è anche aspettare, sì, ma non per masochismo o per paura del contatto, bensì perché ci si possa accogliere nella verità. È sognare di poter dire con il corpo, senza mentire: “Accolgo tutto di te, mi dono tutto, senza tornare più indietro”.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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