Il Vangelo letto in famiglia

IV Domenica di Pasqua – Anno B – 25 aprile 2021

Il coraggio di riconoscersi pecore

Se vuoi essere lupo o pastore, ricorda che Dio ti ha creato pecora, e la tua gioia deve consistere proprio in questo, essere pecora. Chi sei tu, nel profondo? Cosa c’è scritto nel tuo cuore? Qual è la tua natura più vera? È questa la vera scoperta da fare nelle nostre vite.

Dal Vangelo secondo Giovanni (10,11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

IL COMMENTO

di don Gianluca Coppola

La quarta Domenica di Pasqua, Domenica del Buon Pastore, mi è particolarmente cara. Fui ordinato sacerdote nella domenica del Buon Pastore del 2012, dunque essa ha sempre avuto un significato particolare per me, e ancora oggi mi mette di fronte a un serio esame di coscienza sul mio essere pastore.

Nella Scrittura di questa domenica, Gesù afferma che c’è bisogno di un ordine precostituito, stabile e forte, ma allo stesso tempo liberante, per essere pastori, ma anche per riconoscersi pecore. Ciò, dunque, implica che la pecora potrebbe anche sopravvivere da sola, ma senza dubbio vive meglio se rispetta l’ordine delle cose e la sua natura: essa, infatti, è stata creata per essere un animale gregario. Papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, sostiene che la pecora è capace di cogliere il profumo dei prati erbosi e dunque, a volte, precede il pastore. Eppure, la pecora, per sua natura, si fida del pastore e sa che soltanto con lui potrà vivere meglio. Sa che, pur essendo in grado di riconoscere il profumo dell’erba buona, di fronte ai lupi non ha alcuna speranza e necessita del pastore. Per noi che viviamo circondati dal cemento, queste possono sembrare metafore molto lontane dal nostro mondo, ma chi vive in campagna sa perfettamente quanto esse siano veritiere e ancora attuali.

Nella Scrittura di questa Domenica, già a partire dalla Prima Lettura, Dio presenta l’ordine delle cose. Queste infatti manifestano la loro bellezza soltanto se vissute nel rispetto del loro ordine. Il mio non vuole essere un discorso intransigente, tutto ciò è proprio lontano da me. Si tratta di rimanere inseriti nella libertà della propria natura, perché soltanto nel momento in cui rispettiamo veramente ciò che siamo possiamo ritenerci davvero felici.

La metafora evangelica ci presenta un gregge e un pastore: se i ruoli si invertono, se il gregge decide di prendere il posto del pastore e il pastore si trasforma in gregge, allora si verifica l’infelicità sia del gregge che del pastore, causando dunque la sofferenza di entrambe le parti. Se guardiamo il mondo in cui viviamo, la metafora diventa ancora più lampante. Potremmo continuare a parlare per ore di situazioni in cui l’essere umano si rifiuta di ricoprire il ruolo di pecora e decide di trasformarsi in pastore, anche dinanzi all’ovvietà della sua natura: noi non siamo i padroni della vita! Siamo nati per essere creatura, non Creatore, siamo nati per essere pecora, non Pastore. Il Pastore, infatti, è uno solo: Gesù Cristo. Affermando questa verità non voglio di certo negare la possibilità di cambiare o di evolversi che spetta a ciascuno di noi. Ciò che voglio affermare è che la pretesa di operare il cambiamento sostituendoci a Dio ci renderà soltanto infelici. Al contrario, quando comprenderemo di essere pecore nelle mani del pastore, del pastore che ci difende dai lupi, soltanto allora saremo capaci di fare cose incredibili.

Siamo nel tempo dello Spirito, tra la Pasqua e la Pentecoste, un tempo in cui celebriamo proprio questo: come un gregge pavido e spaventato, gli Apostoli erano riuniti nel cenacolo, per paura dei Giudei, come ci dirà la Scrittura nel giorno di Pentecoste (Atti, capitolo 2). Ma quando Dio interviene, in maniera vigorosa e gagliarda, e la Scrittura usa proprio il termine “gagliardo”, allora gli Apostoli riescono a uscire da quella terribile condizione di paura, pur continuando ad essere ciò che sono, ovvero pecore, ma stavolta animate da un coraggio eccezionale.

Anche noi, dunque, dobbiamo avere il coraggio di essere noi stessi, il coraggio di essere uomini. Sostituirci a Dio, metterci al Suo posto, non ci rende più umani, al contrario, ci disumanizza. Potrei suonare ripetitivo, ma se pensiamo anche solo per un attimo a questo mondo ci rendiamo immediatamente conto che esso è governato da uomini che ritengono di essere pastori universali e che osano sostituirsi a Dio. E quali sono le conseguenze di tutto ciò? Guerre, conflitti, bombe, nulla che sia, neanche lontanamente, buono o gioioso. Soltanto un pazzo potrebbe essere soddisfatto di questi risultati, e pazzi sono i potenti, presi da questa efferata mania di onnipotenza, da questo malato desiderio di affermarsi come pastori universali.

Noi, al contrario, dobbiamo avere l’umiltà, il coraggio di riconoscerci pecore. Se vuoi essere lupo o pastore, ricorda che Dio ti ha creato pecora, e la tua gioia deve consistere proprio in questo, essere pecora. Chi sei tu, nel profondo? Cosa c’è scritto nel tuo cuore? Qual è la tua natura più vera? È questa la vera scoperta da fare nelle nostre vite, non la trasformazione repentina, capricciosa e arbitraria in qualche cosa che si allontani dalla nostra natura. Siamo chiamati ad essere ciò che siamo all’ennesima potenza, questa è la vera libertà. E allora puoi chiederti come fare ad essere libero, da te stesso e dai lupi, da questo mondo e da questa società. La risposta è: essere sé stessi nella maniera più profonda possibile. Sii quello che sei nel modo più radicale, forte e deciso, e allora sarai una pecora libera che sta dietro al suo pastore. Dopotutto, il pastore vuole la nostra salvezza. I padroni del mondo, quelli che gestiscono i nostri sistemi economici capitalistici, dalle pecore ricavano soldi, cibo, latte e lana. Ma Gesù non è come loro, Gesù da noi ricava soltanto amore.

Abbi il coraggio di essere te stesso, il te stesso che Dio ha scritto nella tua natura, non quello che tu immagini, e da questo atto di coraggio, scaturiranno cose bellissime. Che meravigliosa scoperta! Abbiamo una natura che Dio ci ha consegnato e che va rispettata in tutto e per tutto. Nella metà del Novecento, ci siamo scandalizzati, siamo inorriditi, ancora oggi al solo pensiero ci assale l’angoscia dinanzi alle ideologie totalitarie, come il nazismo, il fascismo e il comunismo, che cercavano, attraverso la genetica e la scienza, di modificare la natura umana. Per noi è tuttora un atroce scandalo, ma non ci rendiamo neanche conto che stiamo portando avanti le stesse dinamiche, pur aborrendo quelle ideologie. Questa società, continuamente, ogni giorno, tenta di modificare la natura umana. Sembra quasi voler sfidare il Pastore Universale, dirgli che l’uomo sa fare le cose meglio di Lui, oppure che gli uomini non devono essere proprio uomini, le donne non devono essere proprio donne, i bambini non devono nascere per forza da un uomo e una donna, una gravidanza si può interrompere prima dei nove mesi, se una persona è malata non deve continuare a vivere, e così via. C’è un continuo sovvertimento di quella natura bellissima che Dio ha creato. In filosofia si parla di “eugenetica”, ovvero il tentativo di creare un’umanità come piace a noi. Pertanto noi, che siamo persone cristiane, e dunque felici, perché l’essere felici e l’essere cristiani sono la stessa cosa, dobbiamo affermare la bellezza del piano di Dio nella nostra vita, dobbiamo avere il coraggio e l’umiltà di essere pecore, senza cedere alla tentazione di comportarci da lupi.

Chiediamo al Signore il coraggio di essere ciò che siamo: dobbiamo riconoscere che Dio ci ha creati nel modo giusto, ci ha fatti nel modo giusto, perché quello che ha fatto di ciascuno di noi è una cosa bellissima, non da disprezzare o da modificare, ma, al contrario, da accettare, curare e ampliare. Quello che tutti noi siamo è la perfezione di Dio, dobbiamo esserne convinti, ciò che Dio ha creato in noi è meraviglioso! Non c’è nulla da modificare, dobbiamo soltanto farci guidare da Lui e lasciare che sia Lui a indicare il modo giusto di essere noi stessi. Allora, oggi scegliamo di dire così: «Signore, donaci il coraggio, ma soprattutto l’umiltà di essere pecore felici di stare dietro al pastore. Donaci il coraggio, ma soprattutto l’umiltà di non trasformarci in lupi. Donaci il coraggio, ma soprattutto l’umiltà di riconoscere che Tu sei il Pastore e la Guida e noi veniamo dietro a te».


Gianluca Coppola (1982). È presbitero della Diocesi di Napoli. Ha la passione per i giovani e l’evangelizzazione. È stato ordinato sacerdote il 29 aprile 2012 dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia nel giugno del 2011. Dopo il primo incarico da vicario parrocchiale nella Chiesa di Maria Santissima della Salute in Portici (NA), è attualmente parroco dell’Immacolata Concezione in Portici. Per scrivere a don Gianluca: giancop82@hotmail.com



Il Vangelo letto in famiglia - Archivio


Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.