“Padre, noi ci amiamo. Sicuramente ci sposeremo. Perché non possiamo fare l’amore adesso?”

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Spesso i fidanzati, chiedono perché non possono vivere in totalità il loro rapporto. Don Fabio Rosini, noto sacerdote romano, fermamente, risponde: “Finché non hai detto quel sì all’altare, finché non hai superato anche i dubbi dell’ultimo momento, quel matrimonio non è realtà. È sogno, progetto, ma non è realtà”.

“Il corpo è mio e ci faccio quello mi pare!” Quante volte lo avete sentito dire?  A me, tuttavia, piace pensare che siamo “custodi”, non “padroni” del nostro corpo. Chi custodisce, infatti, è attento, delicato, premuroso. Chi domina, no. Possiamo sfruttare il nostro corpo e quello degli altri. Possiamo. Oppure possiamo riconoscere che valiamo troppo per farlo. Abbiamo detto che in qualunque condizione ci troviamo (single, fidanzati, sposati, consacrati) siamo chiamati a vivere la castità, che non significa “niente sesso”, ma inquadrare il sesso nella logica del dono. Significa riconoscere che il corpo è sacro. Perché siamo fatti anche di materia, ma non solo di materia. Siamo un tutt’uno di corpo, mente, spirito. Avete mai riflettuto sul fatto che il corpo che abbiamo ricevuto è la manifestazione tangibile della nostra presenza nel mondo, il mezzo senza il quale non potremmo relazionarci con i nostri simili?  Il corpo non è “un di più”, è il modo in cui esistiamo qui ed ora. Non è un oggetto, un involucro privo di valore… è il tempio della nostra interiorità, della nostra anima immortale. È tempio dello Spirito Santo. Castità, quindi, è molto più che “non fare sesso”: è dare un valore immenso alla persona nella sua unità.

Allora perché quando si dice “castità” si pensa sempre all’astinenza?

È ora di fare chiarezza su questo punto. “Castità” e “castità prematrimoniale” sono due concetti differenti, legati ovviamente tra loro: nel primo caso ci si riferisce a ciò che ho detto sopra (riconoscere la sacralità del corpo, del sesso e di ogni persona), nel secondo ci riferiamo alla scelta di non avere rapporti sessuali fino al matrimonio.

E perché non si dovrebbero avere rapporti fino al matrimonio, in un mondo che di certo non incoraggia?

La risposta che ha convinto me è che per poter realizzare un “dono definitivo di sé” mediante la carne, occorre rinunciare a fare l’amore finché quel dono non si realizza nella vita. È una scelta (se ti costringono non funziona), ma è una scelta esigente quanto liberante. Ecco perché la propongo. Non perché sono masochista o vi voglio male, ma perché ho scorto in essa una bellezza che il mondo spesso ignora. Dicono che non fare sesso da fidanzati rovini l’amore, ma posso dire che per me e mio marito, sposati da 5 anni, dopo 4 di fidanzamento, non è stato così: aver investito tempo ed energie da fidanzati ad affinare le armi della preghiera e del dialogo ci ha aiutato molto più che fare l’amore dopo un mese di conoscenza. Ce lo dimostrano, oggi, anche i tanti matrimoni in crisi che vediamo intorno a noi, in cui la nostra scelta non è stata fatta. Tante coppie che consociamo hanno fatto l’amore sin da subito, ma non per questo si sono assicurate un rapporto duraturo. 

Leggi anche: Castità non vuol dire “niente sesso”

“Padre, noi ci amiamo. Sicuramente ci sposeremo. Perché non possiamo fare l’amore adesso?”

A volte, i fidanzati, chiedono questo (me lo sono chiesta anche io, in adolescenza). Don Fabio Rosini, noto sacerdote romano, fermamente, risponde: “Finché non hai detto quel sì all’altare, finché non hai superato anche i dubbi dell’ultimo momento, quel matrimonio non è realtà. È sogno, progetto, ma non è realtà”. Tempo fa abbiamo detto che aspettare il matrimonio per il sesso (scelta che sembra folle, ma che tante coppie stanno riscoprendo) ci aiuta a dirci chiaramente a che punto siamo nella nostra relazione e se abbiamo già scelto o meno di donare la nostra vita a quell’uomo, a quella donna. Per me e mio marito è stato così: la castità prematrimoniale ci ha aiutato a conoscerci nel profondo e a interrogarci sul futuro senza rimandare. 

Ci ha uniti nel fidanzamento questa rinuncia (che a me piace chiamare “attesa ricca di senso”) quanto l’essere una sola carne unisce poi un marito e una moglie nel matrimonio. 

Cosa sto dicendo al mio fidanzato o alla mia fidanzata in questo modo?

Guardarsi negli occhi, bruciare di passione, ma saper aspettare (non perché non ci vogliamo bene, ma perché ci rispettiamo al punto da voler essere prima sicuri che “quest’uomo è chiamato a donarsi proprio a me e non a un’altra”, che “questa donna è la mia vocazione e non quella di un altro”) è, a mio avviso, una dichiarazione d’amore stupenda. Però, come dice sempre mio marito, questa dichiarazione d’amore ha la forma della croce, non del cuoricino. Costa tanta fatica. È un piccolo calvario, è morire un po’ a sé stessi, certi però che vi è una resurrezione. 

E come si fa a vivere senza sesso da fidanzati? 

Vi ho detto in un’altra occasione che non avere rapporti nel fidanzamento è una vera impresa di coppia. Una maratona da correre in due, sennò è impossibile arrivare alla meta. E il traguardo deve essere chiaro (accogliersi più pienamente nel matrimonio), sennò ci si ferma, si smette di correre. Nessuno fa un sacrificio se non ne vede un motivo valido. Bisogna equipaggiarsi bene prima di scalare una montagna. Così è per la castità: richiede allenamento, tanta buona volontà, cibo e acqua a sufficienza; qualcuno che ci sostenga, perseveranza quando si sente solo la fatica, tenere a mente la vetta. Come per partire per la montagna bisogna procurarsi una tenda, delle scarpe adatte, qualche buon amico che faccia il percorso con noi, così è per cercare la purezza nella vita di coppia: non possiamo “improvvisare”. Occorre partire attrezzati.

Qual è il kit di questo viaggio? Cosa dobbiamo “mettere nello zaino”? 

La prossima volta risponderò a questa domanda e vi parlerò di una coppia di fidanzati: avevano scelto di vivere in castità, ma per un lungo periodo non ce l’hanno fatta. Soprattutto perché non intravedevano la meta (vivevano la castità come un dogma esterno, non come una scelta libera, da fare per avere dei benefici concreti in coppia!). Oggi questi fidanzati testimoniano la bellezza di essere tornati ad attendersi, in modo nuovo, fino al matrimonio…  È una storia che a me ha fatto riflettere molto, ma vi racconterò tutto la prossima volta!




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.


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