CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

In Africa, come famiglia. Un viaggio insolito e sorprendente

3 Maggio 2021

Viaggio in Africa

Ieri sono tornato da un viaggio missionario in Burkina Faso. Con me alcuni amici e una coppia di sposi: Giovanni e Agnese e i loro figli. Anche se fisicamente c’era solo lo sposo ho potuto percepire la bellezza dell’amore, ho visto e sentito la gioia della comunione coniugale. E posso testimoniare che davvero Giovanni era lì “con la famiglia nel cuore”.

Ho sempre pensato che gli sposi hanno molto da dire e da dare. Non basta dire parole agli sposi, se vogliamo che la Chiesa viva in pienezza la sua missione, è assolutamente necessario dare la parola agli sposi, cioè renderli protagonisti di quella grande storia che Dio realizza lungo i secoli dentro la vicenda umana. Questa consapevolezza, che ho ricevuto da Giovanni Paolo II, ha trovato piena conferma nei giorni scorsi, attraverso un’esperienza che ha visto un’intera famiglia vivere un viaggio in terra africana. Un vero viaggio missionario. 

Un viaggio insolito, come potete leggere dal racconto di Giovanni e Agnese, i protagonisti di questa bella esperienza: pur desiderando entrambi recarsi in quella terra, per tante ragioni, tutte legate alla fede, non era possibile in questo momento andarci come sposi, tantomeno come famiglia. È partito solo Giovanni ma è proprio la distanza geografica che ha fatto emergere la bellezza dell’unità coniugale e familiare. Uno solo ma è come se tutti fossero con lui. In primo luogo la sua sposa che ha vissuto, insieme a lui, tutti i momenti di questa breve ma densa esperienza. A tal punto da poter scrivere di aver respirato l’Africa pur restando a casa. 

C’ero anch’io in questo viaggio, ho visto e sentito la gioia della comunione coniugale. E posso testimoniare che davvero Giovanni era lì “con la famiglia nel cuore”. Ogni giorno raccontava alla famiglia, con tutta la semplicità e la gioia di cui era capace, l’esperienza che stava vivendo, le persone che incontrava, le emozioni che provava. Foto e video erano abbondanti e davano alle parole una forma più concreta e reale. La comunicazione era tutta al servizio della comunione coniugale. 

I giorni del viaggio includevano anche l’anniversario di matrimonio. Una data importante per gli sposi, un appuntamento che ogni anno ha visto Giovanni e Agnese ritrovarsi sotto lo sguardo di Dio per consegnare a Lui quell’amore che solo in Lui riceve vita. Per la prima volta quest’anno erano lontani e forse pensavano che avrebbero dovuto rinunciare al rinnovo liturgico delle promesse nuziali. Teresa di Lisieux c’insegna che l’amore rende audaci. E così, di buon mattino ho detto a Giovanni che a sera, nella cornice del Vespro, avrebbero rinnovato il loro patto d’amore. Fin dal mattino ai piedi dell’altare è stato posto un disegno preparato da Francesca Teresa, la più piccola della famiglia, che ha permesso a tutta la comunità, durante i vari tempi liturgici della giornata, di pregare avendo dinanzi agli occhi l’amore di una coppia. E poi, a sera, durante la preghiera del Vespro, ho accolto Giovanni dinanzi all’altare, la moglie appariva dallo schermo di un cellulare ma era reale, come reale era l’amore che in quel momento hanno consegnato a Dio, chiedendo di renderlo sempre più nuovo e fecondo. Quel gesto ha fatto sorridere gli angeli ed ha certamente commosso il cuore di Dio che riempirà la bisaccia coniugale con una benedizione più abbondante del solito. 

Sembra una favola, quelle che si raccontano ai bambini per farli dormire pensando alle cose belle che la vita riserva. E invece è una storia vera che racconto per svegliare dal sonno quegli sposi che hanno messo l’amore nella stanza dei ricordi. Il mondo ha bisogno di sposi credenti e perciò capaci di fare dell’amore la trama dei giorni feriali e la luce dei giorni festivi. Ho detto anche troppo, la parola agli sposi. 

Don Silvio


 Koupéla, 30 aprile 2021

Non sono un uomo che ha buona memoria: spesso confondo le date, faccio fatica a ricordare i nomi, non riesco ad associare i volti alle persone ma, quando rivivo esperienze belle di fede, il cuore supplisce i miei tanti limiti! Con Agnese, quando ci siamo preparati per il matrimonio – nel lontano 2003/2004 – grazie alla nostra guida spirituale, abbiamo scelto di donare parte dei nostri regali di nozze per costruire un pozzo in questa terra: una scelta forte, folle, se vista con gli occhi del mondo.  Ci accingevamo a costruire la nostra famiglia, partivamo da una casa in affitto già arredata, lontana dai nostri luoghi di origine, ma ci bastava per essere felici. Non abbiamo atteso di avere prima una casa nostra e secondo i nostri gusti, per noi era importante solo stare insieme e non essere chiusi in noi stessi. Volevamo fin da subito aprire le porte ed eravamo certi di poter gustare già su questa terra il centuplo che il buon Gesù promette a chi dona con il cuore.

Volevamo che questo pozzo rimanesse segreto, restasse una “follia” tutta nostra, ed invece durante la Celebrazione Eucaristica, il celebrante (la stessa guida spirituale che ci ha invitato a donare per realizzare questa opera) l’ha proclamato dall’ambone, invitando l‘assemblea a “vedere” in quella chiesa, seduti virtualmente intorno a noi, quei ciechi, storpi, zoppi del Vangelo, che proprio grazie a quell’acqua avevamo fatto partecipare al nostro “noi” e ci ha esortato a non temere per il nostro futuro.

Oggi, proprio nella festa del nostro anniversario di matrimonio, nel sedicesimo anno, non possiamo celebrare insieme (e non era mai successo nel tempo del matrimonio): mia moglie è in Italia, con i nostri tre figli, mentre io mi trovo qui in Burkina Faso a vivere una esperienza di grazia e carità, un tempo di preghiera con la comunità residente e di incontri. È un’esperienza che colma il cuore e, che stranamente, quando è così gonfio dell’amore che Dio ti dona, mi fa sentire ancora più innamorato di Agnese – ebbene sì, sono proprio innamorato di mia moglie! – che riempie la mancanza dei miei figli di un bene diverso, pieno e profondo, mi permette di vivere la gioia della carità che si completa negli occhi vivi e veri dei bambini che incontriamo. 

A quel pozzo che abbiamo realizzato non si disseta solo il villaggio di Koulwoko ma anche due scuole dove i bambini crescono, imparano, vivono; vedere quella piccola opera, fatta nell’incoscienza della giovinezza, è stato per noi una grazia perché davvero ci ha fatto assaporare la gioia del donare tutto e così allora sento di dover dire grazie a te, buon Dio, per averci reso, inconsapevolmente, piccoli strumenti nelle Tue grandi mani.

Giovanni con, nel cuore, la sua famiglia

 

Monterotondo, Domenica 2 maggio 2021

Agnese MascoloIl giorno di rientro è arrivato Giovanni è già in Europa, atterrato alle 6:50, tra poche ore ci riabbracceremo! Sembravano tanti 15 giorni, ma sono trascorsi nella gioia e nella condivisione, tutti i giorni vissuti in pienezza, fino in fondo, senza perdere nulla!

Qualche giorno fa ho scritto a Giovanni: si può respirare l’Africa restando a casa? Sì, si può grazie al profondo amore che ci unisce, all’unità coniugale di cui già da fidanzati abbiamo tanto sentito parlare, di cui da catechisti ancora parliamo, e che sempre pur tra le difficoltà, sperimentiamo nella carne pur vivendo due esperienze diverse.

Tutti gli incontri, di abbracci, le strette di mano, i sorrisi, li abbiamo vissuti insieme: ho sentito l’odore di quella terra affascinante e tremenda, il calore (almeno mi sono risparmiata quello atmosferico) di quel popolo festoso e accogliente; la comunione di quella comunità dell’Oasi fraterna e gioviale, il servizio faticoso, ma risanante di ciascuno dei fratelli. Sono stata insieme al mio sposo a quel pozzo, in quelle aule della scuola, alla festa nel villaggio africano, nella chiesa a ballare e gioire, nell’Oasi. Insomma, l’Africa l’ho respirata e il desiderio di fare un viaggio come famiglia è ancora più forte. 

È stato meraviglioso poter essere presente al compleanno di Caterina, la mia prima catechista, la persona che mi ha fatto innamorare dell’ideale della fraternità di Emmaus, e proprio da lì il nostro giovane fidanzamento, ben 26 anni fa, ha preso il volo! È stato speciale vivere l’anniversario per la prima volta distanti così tanti chilometri ma è stato emozionante rinnovare le promesse matrimoniali in modalità tecnologica, in videochiamata WhatsApp! È stato meraviglioso entrare anche nella cappella dell’Oasi, recitare i Vespri in francese di cui non so pronunciare neanche una parola, insieme alle nostre figlie (Salvo era in trasferta per ciclismo) e rinnovare il nostro sì accompagnato dalle grida festose di gioia dei fratelli burkinabé. 

Certo a casa è stato faticoso: Giovanni è un marito e un padre molto presente che si dà tanto da fare, quindi la mancanza anche materiale l’abbiamo sentita! Non sono mancate piccole preoccupazioni per i figli, piccoli intoppi da dover risolvere, ma sempre in unità di intenti e di cuore tutto è stato affrontato! E poi ogni giorno Giovanni ed io avevamo un appuntamento fisso: l’Eucaristia. Prima di partire dopo un’adorazione gli avevo scritto una lettera da portare con sé e gli ho detto che quando sentivamo la mancanza doveva guardare a Lui, a Lui che ci ha uniti per sempre, e proprio in Gesù, ogni giorno, nel momento della Consacrazione e poi ancor di più nella Comunione, io ero in Lui, così come Giovanni, e insieme ci ritrovavamo nell’unico Pane.

Abbiamo avuto la grazia spesso di essere in contemporanea a Messa nonostante il fuso orario, anche il giorno dell’anniversario. Oggi lo attendo: mi sono alzata prima, lottando contro il mio fisico che, al contrario del mio sposo, non è scattante e pimpante, per pregare un po’: ho letto il brano proposto nella liturgia domenicale di oggi. Rimanete in me ed io in lui. È l’icona del nostro matrimonio: ai piedi dell’altare nel giorno del Sì deponemmo un ramo di vite con i tralci segno che a Lui volevamo rimanere ancorati. Come non vedere anche in questo un altro segno? Dio ci ama di un amore infinito e non ci fa mancare le sue tenerezze paterne. Il cuore è in trepidante attesa, la famiglia è pronta ad accogliere il missionario e a gustare parole e abbracci stavolta non solo virtuali!

Agnese con la famiglia nel cuore




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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