Briciole di Vangelo - Tempo di Pasqua

5 maggio 2021

5 Maggio 2021

Quali frutti

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 1-8)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Il commento

Rimanete in me e io in voi” (15,4). L’insegnamento evangelico contrasta non poco con la mentalità dominante. Siamo infatti abituati a pensare che l’autonomia sia la necessaria premessa della propria realizzazione, nessuno vuol dipendere dagli altri. Gesù, invece, chiede ai discepoli di non staccarsi da Lui, per nessuno motivo, la fecondità della nostra vita dipende unicamente dal nostro legame con Lui. Ci sono legami che soffocano l’intraprendenza e legami che sprigionano vita. Ci sono genitori possessivi e iperprotettivi che hanno paura di tutto e finiscono per rendere i figli ansiosi e paurosi, il legame affettivo diventa un abbraccio soffocante che non sviluppa la capacità di iniziativa e di agire in modo responsabile e creativo. Il legame con Gesù va nella direzione opposta. Egli vuole inviare i discepoli nel mondo e desidera che la loro vita diventi un albero carico di frutti.

Il verbo rimanere è la premessa del portare frutto, anzi molto frutto. Questa espressione ritorna 6 volte, come un ritornello. Questa insistenza invita a pensare ai numerosi doni che abbiamo ricevuto. Ciascuno di noi li ha ricevuti, sono in gran confusi con quelle capacità che appartengono al carattere e alla personalità: l’amore, la solidarietà, la compassione, l’accoglienza, il servizio e tutte le competenze che abbiamo acquisito lungo gli anni. Quali sono i frutti della nostra vita? Non possiamo misurare o pesare. È un compito che spetta a Dio. La verifica si muove su due piani. Se siamo uniti a Gesù i frutti della nostra vita hanno una duplice qualità: hanno la forza di Dio e permettono all’uomo di fare cose ben più grandi di quelle che avrebbe compiuto con le sue sole forze; acquistano la finalità di Dio e offrono all’uomo la grazia di partecipare alla storia della salvezza. Tante volte accade che le capacità non vengono messe al servizio di Dio ma al servizio dell’io, usiamo per noi stessi quello che Dio ci ha dato per il bene di tutti. Oggi chiediamo la grazia di non cadere in questo grande errore che inquina la nostra vita.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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1 risposta su “Quali frutti”

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