Referendum

Il Referendum abrogativo del 1981? Una sconfitta sì, ma solo apparente…

voto

di Ida Giangrande

Sono trascorsi quarant’anni dallo storico referendum abrogativo della legge 194. Lo scenario sociale è profondamente cambiato eppure quella legge resta inalterata. Ma a guardare bene la situazione attuale è proprio vero che fu una sconfitta?

Correva l’anno 1981, tra il 17 e il 18 maggio il popolo italiano fu chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di abrogazione della legge 194, approvata il 22 maggio 1978. Nonostante il Mpv (Movimento per la Vita) a ottobre del 1980 era ormai arrivato a due milioni di consensi, alle urne gli italiani votarono per il “no”. 

I quesiti proposti erano due: uno definito “massimale” e uno “minimale”. Il primo prevedeva il divieto di aborto in ogni caso, con un ritorno alla legislazione antecedente al 1978. Il secondo si limitava alla riduzione del diritto di aborto, azzerando soprattutto gli articoli della legge 194 che tutelavano l’autodeterminazione della donna, riconoscendo come lecito solo l’aborto terapeutico. La richiesta radicale consisteva invece in una piena liberalizzazione dell’aborto. In particolare, si insisteva su due mancanze della legge: la limitazione del diritto di aborto per le minorenni e l’esclusione della possibilità di abortire nelle case di cura private.

Dopo una lunga discussione in merito alla legge 194, il referendum sull’aborto del 17 e 18 maggio 1981 chiese agli italiani di esprimere il loro parere su due questioni. Il referendum abrogativo promosso dal Partito Radicale citava l’”abrogazione di tutti i procedimenti, gli adempimenti e i controlli di tipo amministrativo o anche giurisdizionale, che attualmente si riferiscono all’interruzione volontaria della gravidanza, come pure tutte le sanzioni per l’inosservanza delle modalità configurate dalla legge 194 del 1978″. Il referendum abrogativo promosso dal Movimento per la Vita prevedeva invece l’”abrogazione di ogni circostanza giustificativa ed ogni modalità dell’interruzione volontaria della gravidanza, quali sono previste dalla legge 194 del 1978″.

Oltre a questi due referendum abrogativi, nella stessa occasione ce ne furono altri tre: sull’ergastolo, sul porto d’armi e sulla legge Cossiga sull’ordine pubblico. Il 79,6% degli aventi diritto si recò a votare per il referendum sull’aborto (o meglio, i referendum). Il “no” ricevette l’88,5% dei consensi in merito alla proposta radicale e il 67,9% in merito a quella del Mpv.
Tuttavia, è rilevante ricordare che vinse il “no” anche per i referendum abrogativi su ergastolo, porto d’armi e sulla legge Cossiga sull’ordine pubblico.

Sono trascorsi quarant’anni da quello storico evento. Lo scenario socio-culturale del nostro Paese è profondamente cambiato, la figura stessa della donna è cambiata, la scienza è cambiata e sono tantissime le leggi che nel corso degli anni hanno subito cambiamenti, emendamenti, rettifiche, riadattamenti ma la legge 194 no. La legge 194 resta un tassello intoccabile per il fronte pro-choice. Intanto in questi anni i danni introdotti dal concetto stesso di aborto sono diventati via via incalcolabili. Oggi ad esempio è possibile abortire tra le mura domestiche attraverso l’aborto farmacologico, come se una gravidanza fosse un fatto privato, che non nuoce a nessuno tranne al bambino e a sua madre. In quarant’anni da quel referendum sono stati soppressi centinaia di bambini e sfigurate altrettante mamme ma tutto è sistematicamente sepolto nel baratro delle coscienze. Per non parlare della selezione eugenetica, della fecondazione assistita e, in ultimo, della maternità surrogata. Tutte piccole, grandi derive di quell’unico grande vaso di pandora che è appunto l’interruzione volontaria di gravidanza. 

Nel 1981 abbiamo avuto la possibilità di fare ammenda, di raddrizzare il tiro ma non abbiamo colto l’opportunità. Il responso delle urne fu negativo per il fronte pro-life ma non rappresentò una sconfitta in tutti i sensi. Come abbiamo avuto modo di evidenziare nel dossier mensile di questo mese dedicato appunto ai quarant’anni dal referendum, da allora il popolo della vita è cresciuto. 

Si sono moltiplicati i Centri di aiuto alla vita, sono nate molte realtà legate al servizio alla vita nascente come gli Universitari per la Vita, i Giuristi per la Vita. Ogni anno sono sempre di più quelli che si aggiungono alla Marcia per la Vita. Abbiamo perso una battaglia ma non la guerra e al di là degli schieramenti politici e delle lotte ideologiche, sono sempre stata convinta che il popolo ancora avverte l’aborto come una cosa istintivamente negativa, non certo come una conquista di civiltà o il segno della modernità. Nel 1981 il 32% degli elettori votò a favore dell’abrogazione della legge, una piccola percentuale che però ha rappresentato la base su cui costruire un universo forte, variegato e fortemente motivato che ancora oggi esiste, lotta e spera. Il motto coniato in quegli anni fu “Ripartiamo da 32” ed è questo il titolo che abbiamo dato al dossier di questo mese nella certezza che oggi come ieri, il Bene vince. Sempre.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.