Referendum 1981

Cosa è cambiato dal referendum abrogativo della 194? La risposta nel nuovo numero di Punto Famiglia…

PF PLUS MAGGIO 2021

a cura della Redazione

Sono trascorsi quarant’anni dal referendum abrogativo della legge 194. Solo il 32% votò a favore. Un fallimento storico oppure una sconfitta apparente? Ne parliamo nel nuovo dossier di Punto Famiglia, insieme a Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita e a Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita.

Solo il 32% votò a favore in quel lontano maggio del 1981. In un Paese che stava attraversando forti cambiamenti sociali e culturali, gli italiani furono convocati alle urne per decidere le sorti e il futuro della legge che autorizzava l’interruzione volontaria di gravidanza. Due i quesiti proposti: uno definito “massimale” e uno “minimale”. Il primo prevedeva il divieto di aborto in ogni caso, con un ritorno alla legislazione antecedente al 1978. Il secondo si limitava alla riduzione del diritto di aborto, azzerando soprattutto gli articoli della legge 194 che tutelavano l’autodeterminazione della donna, riconoscendo come lecito solo l’aborto terapeutico.

Il referendum si concluse con una sconfitta ma quello fu solo l’inizio di una nuova grande avventura: quella che portò alla nascita del popolo della vita. Lo sottolinea Marina Casini, attuale presidente del Movimento per la Vita: “Quell’esperienza deve essere compresa a fondo nel suo significato positivo, nonostante l’esito dei numeri. Non per nulla il motto coniato immediatamente dopo l’esito referendario fu Ricominciamo da 32; un motto perfettamente in linea con quanto San Giovanni Paolo II disse nel discorso di apertura del convegno su “Il diritto alla vita e l’Europa” promosso dal Movimento per la Vita italiano nel dicembre 1987: «Non vi spaventi la difficoltà del compito. Non vi freni la constatazione di essere minoranza. La forza è nella verità stessa e non nel numero»”.

“Ripartiamo da 32!” è proprio il titolo che abbiamo dato al Punto Famiglia di questo mese. In quarant’anni da quel 32% sono nate infatti tantissime realtà a sostegno della vita nascente, dai Cav, centri di aiuto alla vita, agli Universitari per la Vita fino ai giuristi per la Vita, il cui presidente, Gianfranco Amato ha così scritto: “Le lancette dell’orologio sono rimaste ferme al 1978, nonostante il fatto che la medicina, la psicologia, l’etica e la ricerca scientifica abbiano fatto progressi di un certo rilievo nel delicato campo disciplinato dalla legge 194. Le conoscenze non sono più quelle degli anni ’70 del secolo scorso, e l’esperienza di quattro decenni ha dimostrato quali possono essere gli effetti del ricorso alla pratica dell’aborto, dal punto di vista psicologico, sociale, culturale, politico e demografico. Dati che non esistevano nel 1978. Quando fa loro comodo, i cosiddetti “progressisti” non esitano ad arroccarsi in un conservatorismo ideologico, irrazionale ed antiscientifico. L’incomprensibile mancanza di un’evoluzione normativa ha ovviamente inciso anche a livello giurisprudenziale. Tutto è rimasto sostanzialmente statico”.

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