Il Vangelo letto in famiglia

Santissima Trinità – Anno B – 30 maggio 2021

La fiducia tra le persone della Trinità

Dobbiamo tornare a fidarci dell’altro, dobbiamo cominciare a stabilire delle relazioni solide, basate sulla fiducia, perché troppo spesso le abbiamo costruite sui difetti, sulle mancanze, sulle dicerie e sui pettegolezzi. Dobbiamo recuperare non soltanto la nostra capacità di fidarci, ma anche quella di ispirare fiducia, infondere negli altri un senso di sicurezza, dobbiamo imparare nuovamente ad apprezzare le persone che ci circondano, compiere gesti animati da stima profonda.

Dal Vangelo secondo Matteo (28,16-20)
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

IL COMMENTO

di don Gianluca Coppola

Questa domenica si celebra la solennità della Santissima Trinità. Possiamo giungere a contemplare questo mistero in vari modi, perché il linguaggio umano può articolarsi in tre diverse forme: esiste infatti il linguaggio “univoco”, quello “equivoco” e, infine, quello “analogico”. Parlare in modo univoco della Trinità significherebbe imporre una verità, sostenere che non c’è nulla da controbattere a riguardo; un linguaggio equivoco, al contrario, si presterebbe ad essere interpretato e inteso in diversi modi, e proprio per questo motivo tenderebbe, per sua natura, a risultare ingannevole. Potremmo addirittura affermare che la Trinità sia un’invenzione umana, una filosofia ideata dagli uomini per spiegare il mistero del Dio Creatore, il che non sarebbe neppure del tutto da recriminare, perché da sempre l’uomo ha sentito il bisogno di creare dei punti di riferimento a cui aggrapparsi. Esiste, però, un diverso tipo di linguaggio, detto “analogico”, ovvero un linguaggio che procede per immagini e che fornisce continue rappresentazioni del suo contenuto. Questo è il modo in cui si esprimono gli uomini intelligenti, come Gesù, che spesso si serviva di parabole, perché, a volte, un’immagine risulta molto più potente ed efficace di tanti discorsi o di tanti dogmi.

L’analogia dietro cui si cela la Trinità, nel Vangelo di questa domenica, è un verbo all’imperativo: “Andate”. Da esso comprendiamo che la Trinità è movimento, che Dio è movimento. Lui stesso, infatti, è uscito dalla Sua Gloria e dalla Sua Divinità per venire verso la nostra umanità, e lo ha fatto attraverso un sentimento che noi uomini del 2021 abbiamo del tutto dimenticato: la fiducia.

La verità è che non ci fidiamo più di nessuno, né di nostro marito, né di nostra moglie o dei nostri figli, nemmeno di noi stessi. La Trinità, invece, giunge a consegnarci un enorme messaggio di fiducia. Dio Padre si fida di Dio Figlio, e Dio Padre e Dio Figlio insieme si fidano di Dio Spirito: diventano una cosa sola, perché ad unirli è una fiducia divina, un amore divino. L’indissolubile legame della Trinità deve essere per noi una fonte inesauribile di esempio: esso infatti testimonia che Dio si fida di ciascuno di noi, che Dio va incontro a ciascuno di noi. Forse, se ci soffermassimo su dinamiche meramente umane, potremmo addirittura arrivare a pensare che Dio sbagli a riporre in noi la Sua fiducia: quante volte pecchiamo, quante volte cadiamo nell’errore. Eppure, Lui continua a fidarsi di noi perché sa che possiamo essere persone migliori, anzi, sa che soltanto la Sua fiducia può trasformarci in persone migliori. Gesù si è fidato perfino di Giuda, anche se sapeva che lo avrebbe tradito, si è fidato perfino di San Pietro, pur sapendo che lo avrebbe rinnegato, e lo ha fatto perché aveva compreso, nel profondo del Suo cuore, che, dando fiducia a quei poveri uomini, li avrebbe resi persone migliori. È bellissimo riconoscere come Gesù si comporti nello stesso modo anche con noi, confidando in un nostro cambiamento, ritenendoci sempre degni della Sua fiducia.

Proprio per questo motivo, l’esempio della Trinità deve tradursi in scelte concrete nelle nostre vite. Dobbiamo tornare a fidarci dell’altro, dobbiamo cominciare a stabilire delle relazioni solide, basate sulla fiducia, perché troppo spesso le abbiamo costruite sui difetti, sulle mancanze, sulle dicerie e sui pettegolezzi. Dobbiamo recuperare non soltanto la nostra capacità di fidarci, ma anche quella di ispirare fiducia, infondere negli altri un senso di sicurezza, dobbiamo imparare nuovamente ad apprezzare le persone che ci circondano, fare loro dei complimenti non soltanto formali, ma sentiti e veritieri, compiere gesti animati da stima profonda. È importante farlo soprattutto con i giovani, che spesso si fingono tanto spavaldi e temerari, ma in realtà sono fragili e insicuri. Attenzione, però: dare fiducia ai giovani non vuol dire consentire loro di fare tutto ciò che vogliono. Dare fiducia significa spiegare loro cos’è giusto e cosa è sbagliato, mostrandogli al contempo il nostro sostegno, in qualunque momento. Dare fiducia significa incoraggiarli, fare in modo che vedano e riconoscano il loro valore.

Tornare a fidarsi e a ispirare fiducia sarebbe un atto rivoluzionario. Tante persone vivono nella tristezza e nella solitudine, perché nessuno ha mai mostrato fiducia nei loro confronti, nessuno le ha mai incoraggiate, apprezzate o sostenute. Ma Gesù si è fatto uomo perché si è fidato ciecamente dell’umanità, quando ci decideremo a seguire davvero il suo esempio?

Per recuperare la fiducia, dobbiamo tornare a guardarci l’un l’altro come Dio guarda ciascuno di noi. Dove noi esseri umani vediamo il fallimento, Dio vede la possibilità di cambiamento. Questa è forse la caratteristica più bella di Dio, questo è forse l’atto più sorprendente che Dio possa compiere nei nostri confronti. Egli, infatti, vede sempre del buono in noi, anche quando noi non riusciamo più a scorgerlo. Al contrario, ormai, negli ambienti che frequentiamo siamo abituati a guardarci con sospetto, complici i media e anche la politica, tendiamo sempre a sospettare, a dubitare delle buone intenzioni degli altri, perfino a diffidare della gentilezza altrui. Il filosofo inglese Hobbes, riproponendo la massima latina “Homo homini lupus”, sosteneva che l’uomo si comporta da lupo nei confronti degli altri uomini, sottolineandone il cieco egoismo. Ma noi non siamo lupi, nient’affatto. Noi siamo scintille divine, ciascuno di noi è presenza divina circondata da altre presenze divine, ciascuno di noi è un tempio dello Spirito Santo in mezzo ad altri templi dello Spirito Santo.

Gesù testimonia la Trinità affermando: «Andate». In questo verbo troviamo il senso profondo dell’espressione “Chiesa in uscita”, tante volte usata anche da Papa Francesco: dobbiamo uscire dalle nostre chiese e tornare a guardare le persone come prodigi, come qualcosa di bello, non più come impedimento al nostro essere, al nostro esprimerci. È questo che significa “uscire”: continuare a fidarsi dell’altro anche se sbaglia, perché l’altro, in Dio e nella Trinità, può diventare qualcosa di spettacolare. Le storie dei santi ce lo insegnano, dal momento che quasi tutti erano persone umili, di poco conto, ma incontrando il Signore sono diventati uomini e donne che hanno fatto grandi cose. Lo stesso può succedere anche a noi e anche alle persone che incontriamo nelle nostre vite. Non immaginate quanto sia bello, quanto sia importante per una persona ricevere un atto di fiducia e di affetto, soprattutto se l’altro è chiuso nel suo dolore o nella sua solitudine. Spetta a noi abbattere quel muro, dimostrando amore e gentilezza.

Dunque, è un esame di coscienza che ognuno di noi deve compiere per tornare ad aprirci all’altro. Soltanto così la Chiesa sarà davvero una Chiesa in uscita, una Chiesa che segue concretamente l’esempio della Trinità che va verso gli uomini. Nel mondo, la Trinità si manifesta attraverso l’Eucaristia, attraverso i Sacramenti e i preti, è vero, ma anche attraverso di noi ogni volta che ci fidiamo degli altri. Chiediamo allora al Signore la forza di essere fiducia nelle nostre case, nel nostro quartiere, nelle nostre amicizie e sul posto di lavoro, in ogni ambiente che frequentiamo e ovunque andiamo. Soltanto così le cose cambieranno e finalmente riusciremo a fare del bene a noi stessi e agli altri.


Gianluca Coppola (1982). È presbitero della Diocesi di Napoli. Ha la passione per i giovani e l’evangelizzazione. È stato ordinato sacerdote il 29 aprile 2012 dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia nel giugno del 2011. Dopo il primo incarico da vicario parrocchiale nella Chiesa di Maria Santissima della Salute in Portici (NA), è attualmente parroco dell’Immacolata Concezione in Portici. Per scrivere a don Gianluca: giancop82@hotmail.com



Il Vangelo letto in famiglia - Archivio


Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.