Quando fai l’amore, ti stai donando a qualcuno e l’altro si dona a te: è una cosa seria…

Possiamo cedere allo spirito del mondo? Possiamo lasciare che Cristo muoia nei nostri corpi, in quello dei nostri figli, senza annunciare che Lui è già risorto anche dall’egoismo, dalla dipendenza, dal vuoto affettivo, dalla superficialità con cui contaminano la sessualità?

Qualche giorno fa mi hanno chiamato a parlare durante un incontro – ahimè, virtuale – sul tema “maternità e paternità responsabile”. Mentre preparavo l’intervento ho avuto modo di riflettere su una cosa (che in parte abbiamo già affrontato nella nostra rubrica, ma che in quell’occasione ho potuto mettere ancora più a fuoco): se la genitorialità è conseguenza dell’amore coniugale, prima di parlare di responsabilità nella procreazione è bene parlare di responsabilità nell’amore tra fidanzati e tra sposi

“Vivi responsabilmente la sessualità”: se dico questo, che cosa vi viene in mente?

A me vengono in mente le campagne di informazione sulle malattie sessualmente trasmissibili, in cui si regalano preservativi. Mi vengono in mente tutte le disquisizioni sui contraccettivi, per evitare “gravidanze indesiderate”, magari anche a quindici o sedici anni. Mi vengono in mente, cioè, le cosiddette “precauzioni”. Ricordo ancora una lezione di “educazione sessuale”, alla quale io stessa ho partecipato, quando facevo parte di un’associazione di volontariato. Tutto ciò che ci hanno detto in due ore è stato che “il sesso si può vivere come mero gesto meccanico o per amore, con affetto o senza implicazioni”. Insomma: può essere un legame oppure un gioco. Dipende “da quello che cerchi”. Il resto del tempo (circa un’ora e quarantacinque minuti rimanenti) ci hanno dato info sui vari metodi contraccettivi e di protezione personale, sulle varie pillole dei giorni dopo e ci hanno spiegato perché potevamo denunciare un farmacista se non avesse voluto darcele. Nessuno che abbia detto: “Tu sei un dono. Quando vivi questo gesto, ti stai donando a qualcuno e l’altro si dona a te: è una cosa seria”. La verità – e questo mi ha fatto molta tristezza – è che loro stessi, i promotori dell’evento, probabilmente non lo sapevano proprio. 

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Il sesso è una cosa seria: non c’è vera responsabilità, se ti tratto come un giocattolo

Se sono qui a scrivere questo articolo è perché sento l’urgenza di gridare dai tetti che il nostro corpo è sacro e che, quando si parla di rapporti sessuali, essere “responsabili” significa anzitutto riconoscere che l’altro ha una dignità, ha un’anima, una vita interiore, dei sentimenti, una storia, delle potenzialità, ha delle passioni, delle sofferenze nascoste, ha un sorriso unico in tutto l’universo. La persona che ho davanti è un essere speciale di cui avere cura. O mi faccio carico della sua vita – e quindi gli dono la mia – oppure sono un mercenario. Usare un preservativo e infischiarmene della vita dell’altro non fa di me una persona responsabile: perché quella è semplicemente un’“azione che mi evita problemi”. Non sto dicendo di avere rapporti senza preservativi a sedicenni (come qualcuno una volta ha mal interpretato…), il discorso è molto più ampio: sto dicendo che a dei sedicenni (a dire il vero c’erano anche dei dodicenni, a quella lezione di “educazione sessuale”) non dovremmo solo dare in mano un condom, ma prima di tutto mostrare la grandezza di un atto che può far diventare un uomo e una donna una persona sola e da due che erano, farne nascere una terza. Non sono responsabile solo della mia salute e di quella dell’altro. Non sono responsabile solo di non mettere al mondo delle vite fuori da un progetto di vita. Sono responsabile anche della sete di amore che io ho e che tu hai. Una sete che solo un dono di sé vero, autentico, puro, può saziare.

“Spero davvero che mio figlio usi la testa e non metta incinta qualcuna”

Qualche tempo fa, la mamma di un ragazzo di 21 anni mi disse questo. Le ho spiegato come la pensavo sulla sessualità (lei è rimasta piacevolmente stupita dai miei valori). Allora le ho chiesto: “Ma tu gli hai mai parlato di queste cose? Gli hai detto che sarebbe bello se si preservasse per una sola persona?”. “Eh, figlia mia… in questo mondo? Magari tutti la vivessero come te, ma è difficile che i ragazzi ascoltino una proposta del genere. Io gli dico che, se deve farlo, almeno usasse la testa”. Ci sono rimasta male. Perché credo fermamente che come genitori abbiamo il diritto e il dovere di sperare qualcosa di più per i nostri figli (e di educare in tal senso: sennò poi di cosa/di chi ci lamentiamo?), oltre a scongiurare che dei bambini nascano al di fuori di una famiglia “per errore”. Credo che dovremmo desiderare per loro la gioia di una sessualità vissuta nella vera appartenenza del cuore, con qualcuno che li ami sul serio e che abbia preso un impegno definitivo nei loro confronti.

È un desiderio ambizioso, lo so, ma possiamo rassegnarci in partenza?

Possiamo cedere allo spirito del mondo? Possiamo lasciare che Cristo muoia nei nostri corpi, in quello dei nostri figli, senza annunciare che Lui è già risorto anche dall’egoismo, dalla dipendenza, dal vuoto affettivo, dalla superficialità con cui contaminano la sessualità? “Spero davvero che mio figlio viva l’intimità assumendosi la responsabilità verso l’altra persona, nella fedeltà, nel rispetto, solo dopo aver donato la propria vita a lei e quando può accogliere la meravigliosa conseguenza di un atto per sua natura generativo”: penso che dovremmo ardire, sperare questo, senza ovviamente imporre nulla, soprattutto in un’età in cui le scelte ormai spettano a loro. Educare alla paternità e alla maternità responsabile per me, oggi, significa educare anzitutto ad un amore responsabile. Se due persone accolgono la proposta di una sessualità pulita e vissuta nel dono è perché hanno appreso quanto la vita dell’uno e dell’altra sia preziosa. A maggior ragione saranno poi portati a riconoscere la sacralità di una vita che può nascere dal loro amore e a comportarsi di conseguenza.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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