Esame di maturità

di Miriam Incurvati, psicologa

In bocca al lupo maturandi!

15 Giugno 2021

studiare

Gli esami di maturità sono dietro l’angolo ormai, ma come saranno valutati i nostri ragazzi? Qual è il criterio migliore? La pandemia e il contesto in cui hanno dovuto studiare avranno un peso specifico oppure no? Al di là di tutto ai ragazzi dico: date il meglio di voi. Siete molto più di un numero in pagella.

Si è concluso l’anno per la maggior parte delle classi italiane. Solo alcuni sono ancora in pista. Siamo a ridosso dei famosi e insostituibili esami. Gli studenti del quinto superiore sono in attesa della prova finale. Il Covid ha pesantemente influito sulla didattica dell’ultimo anno e mezzo. Alle superiori riecheggiano mesi di DAD, valutazioni in Rete, isolamento. Nel mio studio o a spasso nelle scuole, quando entro per fare progetti di prevenzione, ho il piacere di raccogliere i racconti dei ragazzi, le preoccupazioni, le sfumature invisibili agli occhi distratti, o addirittura altezzosi, degli adulti. Ci sono racconti di paure, di insicurezze, di desideri, di sogni, di bisogni di rivalsa, di disistima o di abbattimento. È a loro, ai miei giovani pazienti alle prese con l’esame storico, che dedico questo articolo.

Si è discusso molto di come arrivano alla valutazione finale questi studenti e quelli dello scorso anno. Molto si dibatte sul valore di uno studio tecno-mediato, tendente ad abbassare il livello più che alzarlo. Osservazioni comprensibili. Un anno difficile segnato da una precarietà irrefrenabile. Che nella scuola si sia ridotta la quantità è evidente. Si è soprattutto, frammentata l’esperienza: lunghi mesi di isolamento hanno costretto i ragazzi a costruire uno spazio adeguato allo studio in casa. Qualcuno ci è riuscito egregiamente, qualcun’altro a fatica è sopravvissuto. Successivamente, insegnanti ed alunni si sono trovati all’improvviso ad avere spazi in Rete alternati a momenti in presenza. Confronti solo verbali, scambi su chat o email. I cambiamenti sono stati sotto gli occhi di tutti. Se la quantità è mutata è legittimo chiedersi se, in modo corrispondente, la qualità sia scesa?

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Eppure il concetto di qualità dello studio non vorrei affrontarlo in modo scontato. Mi chiedo infatti, se una buona qualità corrisponda esattamente al numero di ore trascorse a scuola, o quelle passate sui libri di testo, o ancora ai voti raggiunti. Certamente, il giudizio ha un valore: serve per confrontarsi con criteri stabiliti, a fare il punto sul proprio stato di apprendimento e quindi può spronare al miglioramento. Tuttavia, nonostante gli ampi dibattiti in campo scolastico avvenuti su questo tema negli anni precedenti, il rischio è oggi ancora quello di esasperare la performance; pensare che i nostri figli valgono quell’otto preso a latino o quel tre a matematica. Il rischio è lasciare che i ragazzi pensino che il voto li identifica, che li chiuda in rigidi schemi di “non sono abbastanza” o al contrario “sono il migliore”. 

Per questo, mi piace riflettere in questo articolo su come sia possibile aver trascorso anni di studio di qualità durante la pandemia, senza tuttavia, ridurre questo discorso ad una mera prospettiva sulle performance. La società richiedente e prestazionale, di questi tempi, ha dovuto fare qualche passo indietro. Daniela Lucangeli racconta in uno dei suoi interventi come un bambino gli abbia risposto alla domanda sulla sua riuscita in un compito: “Sono stato bravo per quello che riesco in questo momento” ha ragione. Questo bambino calibra la sua prestazione sulla base di quello che ha potuto fare in quel momento specifico, sulla base delle sue effettive forze, del contesto e dell’apprendimento avvenuto fino a quel momento. Forse questo è l’approccio più costruttivo e più onesto che sarebbe utile adottare con i nostri giovani.

Da che mondo è mondo, uno studente degno di questo nome ha avuto almeno una crisi nello studio. Un momento di scoramento, qualche difficoltà, un votaccio, una materia da recuperare. Eppure, oggi abbiamo un’impennata di demotivazione, di assenze fino ad arrivare all’abbandono scolastico. I dati sugli effetti della pandemia sui ragazzi (Cantelmi, Lambiase 2020) ci confermano come la crisi giovanile tocchi anche la Scuola: difficoltà nel mantenere l’attenzione, irritabilità, difficoltà a portare a termine i compiti. Così, in un simile scenario, arrivare all’esame di maturità assume i connotati di un’avventura, quasi di una battaglia contro tutto e tutti, anche se stessi. Riuscire a studiare, continuare a crederci, battersi per raggiungere l’obiettivo, sentire la paura, esporsi ai contagi e molto altro. 

Mi chiedo, allora, se dentro alla grande eredità che si deve ricevere da un raffinato curriculum scolastico, non ci siano oltre alle competenze scolastiche, i prerequisiti per affrontare i successivi step di crescita. Mi domando se la qualità vada misurata con criteri più ampi al voto, se vada analizzata tenendo conto della complessità che contraddistingue le esperienze umane. Se così fosse, i nostri maturandi hanno un bagaglio di esperienza ineguagliabile, molti di loro possono aver sviluppato una spiccata resilienza. E allora coraggio ragazzi, affrontate questi esami a testa alta. 

Come ormai di consueto, chiudiamo questa breve riflessione con qualche suggerimento per gli studenti all’ultimo atto della loro carriera alle scuole superiori:

  1. Focalizzatevi sull’obiettivo, un passo per volta, solo dopo aver superato il primo livello si può pensare al successivo.
  2. Avete dimostrato di avere molte risorse, è il momento di tirarle fuori. Tutti hanno paura, anche i migliori hanno dei momenti di tentennamento, fate della paura il vostro trampolino per lanciarvi con coraggio in questa avventura.
  3. Date il massimo per voi oggi, la commissione potrebbe non conoscerlo, gli stessi vostri professori non potrebbero saperlo, ma il vero riconoscimento non è dato dal punteggio ma dall’aver corrisposto con autenticità alle vostre inclinazioni, all’impegno di questi mesi, alle doti che nascondete con riservatezza.



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