Vocazione

“La clausura è risposta d’amore che giunge fino al sacrificio della vita”

(Foto: Kzenon / Shutterstock.com)

di Elisabetta Cafaro, insegnante

I miei ragazzi hanno intervistato la madre abbadessa di un convento di clausura. Cosa ne è venuto fuori? Interesse, curiosità e… fede.

Mi scrive la Madre Abbadessa di un antico convento di clausura di Nocera Inferiore nel Salernitano: La vita delle monache di clausura per ovvi motivi crea attorno un alone di mistero che però è presto sciolto quando si conosce il trascorrere delle nostre giornate”. Ringrazio madre Myriam, per aver accolto con gioia le domande dei miei allievi della classe 2A liceo classico Don Carlo La Mura.

Rosanna: Quante ore pregate al giorno? 

La nostra vita è scandita dal ritmo della preghiera e del lavoro. Ci alziamo alle 5.10 del mattino e alle 5.30 ci ritroviamo in coro per le preghiere del mattino a cui segue un’ora di meditazione personale che può essere sulla Liturgia della Parola del giorno, o su un testo di spiritualità; poi ci ritroviamo in Oratorio alle 6.30 dove celebriamo le Lodi seguite alle 7.30 dalla Celebrazione Eucaristica. Segue una delle Ore minori (Terza) e colazione… Da dopo colazione fino alle 9.00 abbiamo uno spazio di tempo per cose personali. Poi al suono della Campana (che è “Voce dello Sposo” che ci chiama a vivere, nell’obbedienza alla vita, la nostra donazione a Lui) inizia il nostro tempo di lavoro. “Le Sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare lavorino, dopo l’ora di Terza, applicandosi a lavori onesti e di comune utilità, con fedeltà e devozione, in modo tale che, bandito l’ozio, nemico dell’anima, non estinguano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire.” (Regola di S. Chiara, Cap. VII,1) Il nostro principale compito, affidatoci dalla Chiesa è la Preghiera Liturgica. La Liturgia è il punto d’arrivo, l’ideale che sempre è davanti a noi ma, nello stesso tempo, è il punto di partenza, il fermento che trasforma a poco a poco il nostro modo di lavorare. Il servizio al Signore, non si limita alle ore dedicate espressamente al culto divino, ma continua nel lavoro quotidiano, che non deve allontanare il cuore da Dio, ma far sì che tutta la vita diventi un servizio a Dio.

Benedetta: Come si svolge una giornata tipo in monastero?

Il lavoro è per noi partecipazione all’opera che Dio creatore porta avanti nel mondo. Tale attività ci mette in stretta relazione con quanti lavorano con responsabilità per vivere del frutto delle proprie mani, per contribuire all’opera della creazione e servire l’umanità. In particolare ci fa essere solidali con i poveri che non possono vivere senza lavorare e che spesso, pur lavorando, hanno bisogno del provvidenziale aiuto dei fratelli. Lavoriamo tutte e con turni settimanali che ci vedono impegnate sia in incarichi “materni” (cucina, bucato, sartoria per le sorelle), sia incarichi che ci vedono impegnate per l’esterno (portineria, sartoria per i frati, ricamo, preparazione delle ostie per le parrocchie, piccoli lavori di artigianato e falegnameria, preparazione di confetture, liquori e miele…). Il lavoro è a servizio della nostra vita e per questo tutta la giornata è scandita dalla preghiera “oraria” che interrompendo il nostro lavoro ricorda al nostro cuore per chi e perché siamo in monastero.

Alle 12.15 ci ritroviamo in Coro per l’Angelus e l’Ora Sesta seguita dal pranzo…poi ci ritroviamo alle 15.15 per l’Ora Nona e il Santo Rosario. Dopo l’Ora Nona abbiamo ancora del tempo di lavoro fino alla Preghiera Vespertina e Ufficio delle Letture alle 17.30, momento che inizia con l’Esposizione Eucaristica e che si conclude alle 19.15. La comunità poi si riunisce in refettorio per il pasto fraterno seguito poi da circa 45 minuti di ricreazione, momento in cui le sorelle condividono avvenimenti della giornata, notizie lette sui giornali, comunichiamo intenzioni di preghiera… Infine alle ore 20.45 l’ultima preghiera del giorno, la Compieta, che ci introduce nel grande silenzio. Una volta al mese facciamo l’Adorazione notturna (con turni di un’ora ciascuna) e una volta a settimana ci alziamo di notte per celebrare l’Ufficio delle Letture.

Gerardo: Quale evento vi ha portato verso questo cammino?

Vi sono dei segni che possono guidarci a capire qual è il nostro vero posto. Un incontro in cui si sente una particolare attrattiva verso una particolare scelta… Ogni vocazione scaturisce dall’incontro personale con Gesù, che dà senso e valore alla nostra vita. Tutto dipende da come noi abbiamo incontrato Gesù, da come abbiamo ascoltato la sua voce e abbiamo risposto. Io mi sono lasciata incontrare “fermandomi” davanti a Lui in Adorazione. Un incontro orante con la Parola, con un dialogo sincero, deponendo davanti a Lui i pensieri, le fantasie, i progetti che si possono avere in mente. Silenzio e ascolto sono le condizioni per stare davanti a Lui, e il frutto di questo incontro è pace, gioia. Non solo, la Sua Presenza scioglie gli affanni della vita.

Antonio: Perché la clausura e non un altro Ordine?

Innanzitutto la vita monastica non è una scelta che parte da noi. È un seme che il Signore ha messo nel nostro cuore e che poco per volta cresce, germoglia e fiorisce. “Non voi avete scelto me, ma io voi” (Gv 15,16). Sì, siamo state scelte per una vita dedicata all’orazione, al silenzio, in un singolare modo di donazione a Dio: “Vita offerta e nascosta”. Con questa peculiarità non diventiamo estranee o “inutili” agli uomini, come tante persone o tanti giovani pensano, o “isolate” dal mondo, anzi il mondo viene portato nella preghiera condividendo sofferenze, fatiche e speranze. Con la nostra vita offerta e nascosta noi eseguiamo un’azione propiziatrice presso il Padre delle Misericordie in un modo più profondo, in favore del mondo.

Lorenzo: Qualche volta soffrite e siete a sfavore di qualche comportamento un po’ troppo rigido?

Grazie per questa domanda! Direi che in tutte le nostre vite, in un modo o nell’altro ci imbattiamo nella sofferenza. Talvolta le situazioni che viviamo possono rappresentare anche un ostacolo nella nostra vita perché ci fanno toccare i nostri limiti, non ci si libera dalla sofferenza evitandola, ma affrontandola. È vero che l’ora delle lacrime viene per tutti! Chi ha il dono della fede, l’unica cosa che può fare, appunto, è affrontare la sofferenza. Mai dobbiamo avere paura del peso delle circostanze difficili, perché Gesù ci ha liberato dalla paura e ci ha dato il coraggio necessario per affrontare la vita. Dunque la fede è un dono che ci fa vivere secondo un’altra logica.

Rebecca: Le prime esperienze in clausura come sono state?

L’esperienza in clausura mi ha fatto sentire gratitudine e gioia per il dono ricevuto immeritatamente. Ma è vero anche che in monastero si arriva con la mentalità del mondo, dove l’io è sempre messo al centro. Poi piano piano le occasioni e i formatori ti aiutano ad uscire da te stessa per essere come il Signore ti vuole, nella santità. Questo cammino dura finché dura la vita!

Diana: Vi manca la vita prima della clausura?

La separazione dal mondo, necessaria per quanti seguono Cristo nella vita religiosa, ha per noi una manifestazione particolare nella clausura, che è il luogo dell’intimità della Chiesa Sposa: “Segno dell’unione esclusiva della Chiesa Sposa con il suo Signore, sommamente amato”. Per usare le parole della madre santa Chiara: “Lasciate completamente da parte tutte quelle cose che in questo fallace mondo inquieto prendono ai lacci i loro ciechi amanti, ama con tutta te stessa Colui che tutto si è donato per amore tuo(3Agn 15). Vorrei sottolineare proprio quel “con tutta te stessa”: la scelta claustrale nasce da questo desiderio di totalità, di dono, per realizzare il quale è necessario lasciare “completamente da parte” tutto il resto. E questo come esigenza del cuore, non come imposizione dall’esterno.

Myriam: Cosa manca di più della vita al di fuori del monastero?

Per amore nessun sacrificio costa… ma ciò non toglie che il sacrificio si senta. Faccio un esempio quotidiano, semplice. La mamma di un neonato non risparmia certo sonno, tempo, libertà, per accudire il bimbo: lo fa con amore e per amore, ma questo non le impedisce di sentire nella sua carne il costo del sacrificio! Così è per noi, per la nostra scelta di vita claustrale: ci priviamo spontaneamente e liberamente non solo di tante cose, come chiede il voto di povertà, ma anche “dello spazio, dei contatti, di tanti beni del creato” (VC 59). Dunque la clausura è risposta d’amore che giunge fino al sacrificio della vita: c’è l’aspetto sponsale e l’aspetto sacrificale. Bolla di Canonizzazione di Chiara: “Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita claustrale, e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto è vasto il mondo. Si custodiva dentro e si diffondeva fuori. Chiara infatti si nascondeva, ma la sua vita era rivelata a tutti. Chiara taceva, ma la sua fama gridava. Si teneva nascosta nella sua cella, eppure nelle città lei era conosciuta” (12-14). Ecco la misteriosa fecondità apostolica della nostra vita, ecco il frutto dell’amore e del sacrificio: per raggiungere l’uomo sperduto agli estremi confini della terra, quell’uomo che nessun missionario raggiungerà mai… ci siamo noi, dalla nostra clausura! Solo alla luce di tutto questo – perdonatemi ma era necessario che cercassi di spiegare un po’ il senso della clausura – è possibile comprendere perché la “rinuncia agli affetti e al mondo”, comprendere che non ci manca nulla perché nulla manca a chi ama e si sente amato!

Renata: Potete ricevere visite dai vostri genitori? 

Una volta al mese, tranne nei cosiddetti Tempi Forti: Avvento (che per noi inizia con la Quaresima di s. Martino l’1 novembre e termina con la solennità del Natale) e in Quaresima (dal mercoledì delle ceneri fino al giorno di Pasqua). In questi Tempi Forti non riceviamo visite, né telefonate, la separazione diventa più stretta per rendere ancor più evidente l’appartenenza fondamentale a Qualcuno che possiede le chiavi del nostro cuore che non è per tutti, ma solo per Lui…

Angela: Nelle festività potete tornare in famiglia?

A casa non torniamo, se non per la grave malattia o morte dei genitori … ma il motivo profondo che ci fa andare a casa, è il sostegno della fede dei familiari, è aiutare ad aprire una finestra alla Speranza.

Gabriele: Avete mai provato un rimorso o un rimpianto per aver scelto la vita di clausura?

Nessun rimpianto, né rimorso, ripeto, perché nulla manca a chi ama e si sente amato e ne fa esperienza ogni innamorato!

Mariella: Non vi sentite escluse dal mondo esterno?

No, non ci sentiamo escluse, dal mondo, la clausura non ci isola “da”, ma “per” il mondo e paradossalmente così siamo nel mondo, come Chiara, con la nostra preghiera che raggiunge “gli estremi confini della terra”. Voglio condividere con voi alcune delle parole che Papa Francesco ha scritto per noi contemplative: Non è facile che questo mondo, per lo meno quella larga parte di esso che obbedisce a logiche di potere, economiche e consumistiche, comprenda la vostra speciale vocazione e la vostra missione nascosta, eppure ne ha immensamente bisogno. Come il marinaio in alto mare ha bisogno del faro che indichi la rotta per giungere al porto, così il mondo ha bisogno di voi. Siate fari, per i vicini e soprattutto per i lontani. Siate fiaccole che accompagnano il cammino degli uomini e delle donne nella notte oscura del tempo. Siate sentinelle del mattino che annunciano il sorgere del sole. Con la vostra vita trasfigurata e con parole semplici, ruminate nel silenzio, indicateci Colui che è via, verità e vita, l’unico Signore che offre pienezza alla nostra esistenza e dona vita in abbondanza. Gridateci come Andrea a Simone: Abbiamo trovato il Signore; annunciate, come Maria di Magdala il mattino della risurrezione: Ho visto il Signore!”. Il raccoglimento e il silenzio è di grande importanza per la nostra vita in quanto “spazio necessario di ascolto e di meditazione della Parola e presupposto per uno sguardo di fede che colga la presenza di Dio nella storia personale, in quella delle sorelle e nelle vicende del mondo.

Gabriele: In clausura si possono usare i mezzi di comunicazione?

L’uso dei mezzi di comunicazione è consentito per motivo di informazione, di formazione o di lavoro e devono essere usati con sobrietà e discrezione, non solo riguardo ai contenuti ma anche alla quantità delle informazioni e al tipo di comunicazione. Quando li usiamo è per rendere un servizio alla comunità non per usi personali. Curiamo l’informazione sulla Chiesa e sul mondo, non con la molteplicità delle notizie, ma sapendo coglierne l’essenziale alla luce di Dio, per portarle nella preghiera in sintonia con il cuore di Cristo.

Renata: Non desiderate come donne di vestirvi e truccarvi?

Quanto agli abiti e ai trucchi, prima di entrare mi truccavo e non mi mancavano gli abiti firmati… ma niente di tutto questo mi dava gioia. Ripeto: solo l’amore e solo per amore si possono fare scelte per tutta la vita senza pentirsi e oggi nel mio abito, povero, sono felice ed è per me più che un abito regale!




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